30 giugno 2005

Ricandidatura del premier rispetta logica democratica

Il Berlusca alla riscossa suscita timori nel centrodestra ma a ben guardare la scelta di correre ancora per la guida del Paese è la più naturale.
Certo si dirà che con un blog così non potrei scrivere diversamente eppure vedete io non riesco a pensare che la Cdl possa già prescindere dal suo padre fondatore e artefice. E questo non solo perché le alternative non sono valide o, come preferisco pensare, non sono altrettanto forti. La questione è un’altra. La ricandidatura del premier rappresenta il miglior riconoscimento al suo buongoverno. E chi se non il polo dovrebbe sostenere l'efficacia dell'azione di Palazzo Chigi in questi anni? Cambiare leader significherebbe ammettere con l'opposizione la disfatta dei governi berlusconi perchè si cambierebbe non una ruota ma la testa del carro.

Ma oltre che vantaggiosa per il centrodestra la ricandidatura del capo dell'esecutivo in carica avrebbe un beneficio complessivo per tutto il sistema Italia. Silvio Berlusconi piaccia o non piaccia ha innescato il transito della nostra politica dalla I alla II repubblica. Ha spinto il Paese molto più dei “maggioritari ante-litteram” – Mariotto Segni e Marco Pannella - verso una democrazia dell’alternanza, verso una politica comunicativamente più vicina alle persone. La nascita di Forza Italia, il contratto con gli Italiani, i messaggi televisivi, non sono stati, come ha detto qualcuno dei più stupidi denigratori, il segno di una deriva plebiscitaria ma piuttosto la riscossa di un ritrovato feeling tra istituzioni e cittadini.
La ricandidatura del premier signori significa assumersi, nel modo più chiaro e limpido, la piena responsabilità per tutto quello che durante la legislatura si è fatto e non si fatto. Chi guarda sempre con ardore alle democrazie anglosassoni ricorderà come il presidente uscente, specie dopo il primo mandato, torni sempre nell’arena elettorale. È una forma di rispetto verso i cittadini oltre che di coerenza con il lavoro svolto.
Berlusconi insomma investendo la propria faccia nelle prossime politiche, rischierà ancora le coronarie per i linciaggi e gli attacchi e continuerà a difendere dalla posizione più scomoda i propri interessi ma al tempo stesso darà un’altra prova del suo peso nel contesto politico italiano.

27 giugno 2005

Ma a me la Fallaci non piace

Quando finiranno queste fallaciadi?
So che la mia posizione non è linea col trend del pensiero filo-cdl del momento ma io questa infatuazione per la Oriana a stelle e strisce non la condivido. Non solo. Non credo neppure che sia una buona linea elettorale far leva sul consenso che questo personaggio riscuote. Francamente diffido di chi ha una visione così mistica di sé stesso e trovo anche di cattivo gusto il continuo far riferimento in modo anche indiretto alla propria malattia. Ho letto a riguardo la risposta della giornalista al direttore di Libero, Vittorio Feltri.
La Fallaci conclude la sua lettera a Feltri con un autoincensamento che impressiona:

Caro Feltri, scrivere è un lavoro difficile e spesso doloroso: lo sai. Ma quando si fa in purezza, cioè per dovere civile, è anche il lavoro più nobile del mondo. Perché a farlo in purezza, per dovere civile, si diventa il bambino che nella fiaba di Grimm strilla ai cortigiani intenti a lodare le vesti del re: “Ma il re è nudo!”

Rispetto la Fallaci, la sua carriera, le sue interviste memorabili ma non credo oggi il mondo abbia bisogno di medium, di asceti che da una torre dorata squarciano veli che la gente non è in grado di vedere. Viviamo nell’epoca della comunicazione globale, signora Fallaci, non abbiamo bisogno di scoprire che il re è nudo ma di confronti seri su come raddrizzare un mondo che non può continuare ad andare a senso unico verso il suo Occidente.
Non ne posso più di soloni della politica che si arrogano la facoltà di occuparsi della Politica con la P maiuscola lasciando la volgare politica di ogni giorno ai politici. Questo dovrebbe essere un modello, un punto di riferimento? Gli elettori moderati non sono abituati ad un rapporto religioso con la politica, la teologia neocon in Italia non attecchirà mai. Io voglio una politica operaia, del fare non una nuova mistica che infernalizza l’avversario ma una dialettica sferzante che lo ridicolizza su posizione ideologiche ormai superate. Il segreto di Silvio è stato far leva su temi concreti di politica semplice – quella con la p che la Fallaci disprezza – su una pubblica amministrazione più snella, su uno stato meno spendaccione, su una politica internazionale di primo piano non appiattita su nessuno, su uno sforzo continuo di sollecitazione delle forze più laboriose e ottimiste del Paese. Per piacere dei santoni leggeti i libri ma lasciate le farneticazioni politiche fuori la porta della Casa delle libertà.