11 gennaio 2006

In Cina si lotta contro il Grande Fratello

Sempre più ampio il fronte dell’opposizione interna al governo tirannico di Pechino. L’Ansa ha ripreso oggi quanto riportato dal sito internet – purtroppo per ora solo in lingua cinese – gestito dai dissidenti che riferisce sul passaggio al digitale di cinque giornalisti licenziatisi dal quotidiano Notizie di Pechino per solidarietà con tre loro colleghi che nel mese di dicembre erano stati rimossi dall’incarico per i loro servizi con i quali avevano diffuso notizie che il governo intendeva oscurare.

Notizie di Pechino aveva coperto in modo indipendente sia la vicenda di Dongzhou, il villaggio del sud dove almeno tre persone sono state uccisi in scontri di piazza con la polizia, che quella dell' inquinamento del fiume Songhua, provocato dalla fuoriuscita di materiale tossico da una fabbrica chimica. La notizia dello sciopero e' stata immediatamente ripresa da alcuni siti internet e dai blog degli intellettuali indipendenti. Pochi giorni dopo uno dei blog che aveva ospitato un' ampia discussione sullo sciopero - quello del giovane giornalista Zhao Jing - meglio conosciuto col suo nome di battaglia di Michael Anti - e' stato chiuso dal colosso americano Microsoft, che lo ospitava sul suo server. L' iniziativa della Microsoft - che e' stata oggetto di pesanti critiche da parte dei gruppi umanitari americani - non e' la prima, ne' la piu' grave delle azioni intraprese contro i dissidenti dai grandi gruppi internazionali ansiosi di sfruttare il mercato cinese. L' anno scorso la sua rivale Yahoo! ha infatti denunciato il giornalista Shi Tao - che aveva diffuso attraverso la rete un comunicato col quale si vietava ai mezzi di comunicazioni di parlare dell' anniversario del massacro del 1989 di piazza Tiananmen- alla polizia cinese. Shi e' stato condannato a dieci anni di prigione per aver divulgato segreti di Stato.

Due le osservazioni. La prima positiva riguarda i giornalisti cinesi più coraggiosi che stanno pagando duramente questo ruolo che vede l’informazione sempre più cruciale nell’aprire spiragli di libertà. L’altra osservazione invece è di colore opposto. I colossi del capitalismo americano non si fanno scrupoli ad accordare all’impero cinese l’opportunità di trasformare le nuove tecnologie di comunicazione in un diabolico strumento di controllo sugli individui di orwelliana memoria. Qualcuno ha parlato di un temibile binomio tra tecnologia occidentale ed ideologia cinese. Quello di Pechino è effettivamente il nuovo totalitarismo del 2000, vestito da rispettabile potenza emergente fuori ma costituito da una micidiale forma di tirannide al suo interno. Il vero scontro di culture è questo. Non contro la millenaria storia cinese ma contro questa disinvolta repressione della libertà sempre più raffinata. I fanatici del libero mercato – che quasi sempre ignorano i principi più basilari dell’economia – riflettano prima d’indignarsi quando qualcuno propone differenti politiche di scambio con Pechino.

Dalla finanza rossa del centro-nord alla mala rossa del sud

C’è poco da godere e molto da riflettere dalla lettura di questo articolo apparso oggi sul Cs e che riassume bene l’ingarbugliata vicenda che ha coinvolto gli ultimi 15 anni di amministrazione comunale a Salerno.


Bassolino apre il caso Ds a Salerno: gravi ipotesi di reato
SALERNO - Stretta di mano tra Antonio Bassolino e Vincenzo De Luca, decine di flash, evento che fa notizia, tipo Bartali e Coppi, Bernini e Borromini, anche se stavolta i protagonisti stanno dalla stessa parte, ds della Campania. La scena è la sala «Scozia», ospedale San Leonardo, Salerno. Bassolino, sindaco simbolo del «rinascimento napoletano», ora governatore della Regione, è venuto ad insediare un nuovo manager, che prende il posto di Domenico Pirozzi, quello che De Luca, sindaco simbolo del «riformismo salernitano», aveva definito «supercafone». De Luca, lo scorso ottobre, parlò inoltre di battaglia perduta contro la camorra, di emergenza rifiuti, di una «nuova tangentopoli in arrivo» e ce l'aveva con Bassolino. Ieri celebrava la sua vittoria contro il manager «uscito da una sceneggiata di Mario Merola», allo stesso tempo viveva la sua sconfitta poiché nella nuova tangentopoli, per ora, c'è dentro lui. Indagato, dopo Natale, per concussione su una storia edilizia, assieme al sindaco che ha preso il suo posto, Mario De Biase, già suo segretario. Indagato, con De Biase, per aver fatto dimettere l'assessore all'urbanistica, ds. In più, un consigliere comunale ds arrestato (ora scarcerato) per rapporti con la camorra, un assessore comunale ds dimesso per le accuse di un pentito e un procuratore inquisito per aver violato il computer del capo, al fine di acquisire notizie su questa clamorosa inchiesta. Dopo la stretta di mano, a denti stretti, De Luca, oggi deputato, va via veloce. Bassolino, invece, parla. Innanzitutto, non è giusto dire che i ds sono sotto accusa a Salerno e a Roma: «A Roma la questione Unipol non ha, neanche lontanamente, risvolti penali». A Salerno? «Qui ci sono ipotesi di reato gravi. Il pm ha chiesto l'arresto per l'ex sindaco e il sindaco, il gip ha ritenuto che non ci fossero le condizioni, pur rilevando l'esistenza di indizi seri». Ma bisogna distinguere fra giustizia e politica: «A Napoli abbiamo varato, dopo dieci anni, il piano regolatore, qui si è scelto di procedere per varianti e con le varianti c'è il germe del rischio...». E adesso? «Bisogna correggere, cambiare il rapporto fra istituzioni e città, fra coalizione e città, fra partito e città. In questi anni sono mancati gli anticorpi». Vanno tenuti fuori gli indagati dalle liste elettorali? «Credo che l'Unione si debba dare regole chiare, valide per tutti i partiti». Il sindaco De Biase dice che si è sentito solo in questi giorni... «Ma con tutti i casini che ci stanno a Salerno come si fa a dire che è la Regione che boicotta?». Tutti i casini? De Luca è laureato in filosofia, è stato sindaco dal '93 al 2001, ha portato Salerno all'attenzione nazionale. Affidò il nuovo piano regolatore della città ad Oriol Bohigas, l'architetto-star che ridisegnò Barcellona, addirittura, ma quel piano, costato milioni di euro, non è mai stato approvato. Si procede invece con varianti al vecchio piano, case popolari in zona Picarielli, ville al Masso della Signora, Parco Acquatico, al quale doveva partecipare una società vicina a Emilio Gnutti. Il progetto poi si trasforma in una centrale termoelettrica e qui ex sindaco e sindaco sono accusati di aver chiesto a chi doveva realizzarla di fare, in cambio, opere pubbliche e di tener conto di segnalazioni di ditte. De Luca ora dice: «Anziché attendere che il piano venisse elaborato, lo anticipavamo...». Poi, c'è la questione della «movida», vita notturna. I ds arruolano Vincenzo Bove, organizzatore di feste, lo fanno eleggere in Comune, gli affidano il settore. I magistrati lo accusano di associazione camorristica e usura. Poi c'è l'assessore allo sport e servizi sociali, Nino Savastano, ds, di cui i pentiti raccontano i rapporti col clan D'Agostino. Dimesso, senza avvisi di garanzia. De Luca ora parla di una «fase di stanchezza», dice che «noi ds siamo l'espressione della questione morale, ma anche della capacità di fare». Dice che ringrazia la magistratura «per averci aperto gli occhi sulla delinquenza organizzata», che sono stati fatti errori, che occorre rigore. «La Voce della Campania», aggressivo mensile, scrive che è finita la «Salerno da bere». Nella classifica del Sole 24 ore Salerno è ultima, fra le province italiane, per il tenore di vita. Bassolino e De Luca, al momento, paiono costretti a camminare affiancati, onde non bruciare la casa comune. Andrea Garibaldi

Noi di destra tutti ricchi borghesi, parola di Scalfari

Gli elettori di sinistra sono socialmente diversi, non hanno col denaro il rapporto stretto di quelli di destra. Questa la perla che ieri sera a Ballarò il cervello mummificato di Eugenio Scalfari ci ha regalato. Un linguaggio giacobino cui neppure la stessa sinistra crede più. Per la serie: SPARALA CHE CI CREDI!

10 gennaio 2006

Ma io preferisco D’Alema a Veltroni

Io preferisco D’Alema. Sì preferisco baffetto barcaiolo che si arrampica sugli specchi riconoscendo i propri errori, a fra Walter dal Campidoglio che – ospite domenica sera di Che Tempo che fa – auspica ieraticamente un ritorno ad un confronto politico più sereno e rispettoso. Come può Veltroni continuare imperterrito a dare lezioni di stile agli altri, come può invocare una lotta che non punti alla “distruzione”, sono le sue parole, dell’avversario? Lui esponente di un partito che dell’attacco totale, morale e giudiziario, ha fatto la strategia prediletta da tangentopoli in poi? Mi fa più tenerezza, ed è perciò politicamente più intelligente D’Alema, anche se le sue scuse dovrebbero arrivare per altre colpe.
Vorrei che il presidente dei Ds facesse mea culpa non tanto per il collateralismo col mondo degli affari, inestricabile dalla politica, quanto piuttosto per quella saccenza con cui il suo partito ha puntato il dito in questi anni sui presunti poteri forti che agivano attraverso il centrodestra. Caro D’Alema disconosca una volta per tutte il valore della cultura del sospetto uguale verità che tanti danni ha causato al nostro Paese. Le elezioni politiche, ne son certo, non si giocheranno sulle vicende giudiziarie così come non si sono giocate sugli avvisi di garanzia contro Berlusconi nel 2001. Gli italiani sono abbastanza intelligenti da capire che ormai son passati i tempi della rincorsa alla ghigliottina delle inchieste ancora in corso. A sinistra l’elettorato non è più esigente o più dotato di autocritica, è stato semplicemente più illuso dalla sua classe politica di riferimento che i mali fossero tutti dall’altra parte, che non fosse geneticamente possibile che a sinistra si giocasse con banche, catene commerciali, compagnie di assicurazione e telefoni se non con l’obiettivo di rendere sempre più bella e gioiosa lo spirito solidale delle cooperative. A me la rabbia dei vostri sostenitori più genuini ricorda tanto la stessa tristezza dei bambini che scoprono sotto il cappello di Babbo Natale la testa del papà o dello zio.