24 novembre 2005

THANKSGIVING CHE?

Sarò probabilmente oggetto degli strali da parte dei tanti TVillers che stravedono per questa celebrazione ma perdonatemi se vi dico che questo TGiving day proprio non mi appassiona!
Scusatemi :-)

TFR: ennesimo gol del Governo, se ne parlerà?

E arrivò la riforma del TFR. Alla faccia di chi gufava anche quest’altra grande riforma è andata in porto introducendo nel nostro sistema pensionistico la previdenza complementare che consentirà una migliore efficienza di tutto il sistema di tutela dei lavoratori. La riforma entrerà in vigore dal 2008 anziché dal 2006, ciò da un lato scredita ogni accusa propagandistica – la maggioranza non potrà infatti raccoglierne con certezza i frutti di questa dura battaglia – dall’altro però sussiste il rischio che la nuova normativa non trovi un governo capace di renderla effettiva. La riforma del TFR è stata comunque la classica patata bollente che la Cdl responsabilmente ha affrontato. Divertente il siparietto fotografato dall’inviato dell’Apcom che qui riporto integralmente:

Un Giulio Tremonti particolarmente soddisfatto per l'approvazione della riforma del Tfr si trasforma in giornalista e rivolto a una cronista del Tg3 le chiede: "Posso farle io una domanda? Se lo aspettava?". Passa qualche secondo di sorpresa e la giornalista della tv pubblica ribatte pronta: "Si, era una delle ipotesi che avevo pensato, ma mi sembra importante anche il suo ruolo di mediatore". Il ministro dell'Economia non molla la presa e continua: "Ma mi dica è meglio averla nel 2008 (la riforma, ndr) o non averla per niente?". Nuova risposta della giornalista che replica: "Si, non c'è dubbio, l'importante è averla...". Quindi l'affondo del titolare di via XX Settembre: "Quindi lei lo dice in tv?". Risposta finale tra le risate: "Si che lo dico, io non riporto i miei pareri, riporterò il suo...".  

È esattamente quello che cerco di predicare con questo blog: POLO PARLA!

E-Government made in Italy promosso a pieni voti

Ancora un bravo al governo! Questa volta arriva direttamente dalla Conferenza Ue sull’e-Government in corso a Manchester dove è stato diffuso il rapporto sullo stato di avanzamento dell’ e-Gov nei paesi più industrializzati. Lo studio, commissionato dal governo Blair, ha plaudito ai considerevoli progressi compiuti dal nostro Paese nell'informatizzazione della pubblica amministrazione che sta portando importanti frutti a favore di una burocrazia più snella e più accessibile a cittadini e imprese. Nonostante la sfavorevole congiuntura economica il governo Berlusconi è stato in grado di colmare, secondo gli analisti, il gap digitale che l’Italia scontava nei confronti degli altri paesi più avanzati. Il report mette in evidenza gli sforzi compiuti dal governo sia sul versante delle infrastrutture, con lo sviluppo del Sistema pubblico di connettività, che su quello normativo con il varo del Codice dell’amministrazione digitale, in vigore dal prossimo gennaio. Ancora sulle smart card l’Italia sarebbe ai primi posti nel mondo grazie ai vari progetti che vanno dalla Carta d’identità elettronica alla firma digitale alla carta nazionale dei servizi. Lo studio ha approfondito anche nello specifico i servizi che, grazie al digitale, sono stati messi a punto nei diversi ambiti del servizio pubblico:  il Centro Unico di Prenotazione e le Carte regionali dei servizi sul fronte sanitario e i progetti promossi di concerto con la Moratti per fornire a tutte le scuole livelli adeguati di accessibilità alla rete e di strumentazione hardware.
Il rapporto è stato curato dalla società internazionale di consulenza , Booz Allen Hamilton, sul cui sito sarà presto disponibile. Dopo il silenzio sul buon andamento di occupazione e formazione, registrato dal rapporto Isfol, aspetto con curiosità come i quotidiani riprenderanno i dati positivi pubblicati da quest’osservatorio.

23 novembre 2005

Irpiniagate: gli sciacalli si riciclano

Fra qualche ora scatta l’anniversario dei 25 dal terremoto dell’80 che devastò il cuore verde della mia Campania. Venticinque anni fa finì un mondo per molti paesi dell’Alta Irpinia, un mondo fatto di tradizioni radicate, di un semplice ma profondo sentire religioso, di un onesto studiare e lavorare. Il terremoto decretò la distruzione non solo fisica dell’Alta Irpinia ma anche e soprattutto morale. Agli sciacalli tra le case cadute, seguirono i più pericolosi e cinici sciacalli tra gli stanziamenti che di lì a poco cominciarono a piovere senza alcun controllo. Il terremoto accelerò le già forti spinte migratorie lasciando quelle zone in mano a chi fu più svelto a capire che il sisma poteva diventare una manna vera e propria. Da lì prese il via la stagione della commistione massima tra affari e politica nella storia della repubblica che avrà il suo culmine in tangentopoli. Ciriaco De Mita costruì la sua improbabile carriera di leader dc all’ombra dei miliardi che passarono fra le sue mani e che riuscì a deviare in favore dei suoi amici imprenditori molto spesso del Nord, in primis Calisto Tanzi. Ma l’attentato più grave dell’ex-segretario dello scudocrociato non fu, per quanto meschino, l’abuso sul denaro pubblico quanto piuttosto lo snaturamento della vocazione agricola, pastorizia e artigianale dell’Alta Irpinia cui s’impose dall’alto un modello industriale inconsueto per la storia di quell’economia e per le infrastrutture di quel territorio. Gli stabilimenti della Parmalat a Lioni e della Ferrero a Sant’Angelo dei Lombardi non funzioneranno mai a pieno regime ma nonostante ciò alle rispettive società quella classe politica versò interamente gli assegni di finanziamento ancor prima che la prima pietra di quegli stabilimenti fosse posta. Che pena vedere ora Bassolino che si aggira in un tuor pre-elettorale a denunciare gli abusi dell’epoca mentre nella giunta sopporta una spinosa alleanza con la Margherita di cui De Mita è attualmente segretario generale (nonché mentore di Rutelli!). Che rabbia nel vedere Oscar Luigi Scalfaro il moralista dare lezioni di democrazia e di rispetto della volontà popolare quando, come rpesidente della commissione d’inchiesta sul terremoto, non ebbe il coraggio di scoperchiare le magagne che i suoi colleghi di partito avevano coltivato nell’Irpiniagate.

Se il Paese va bene non si dice

La formazione e l’occupazione in Italia migliorano ma il “regime” lo nasconde! Vorrei che qualcuno m’indicasse quali quotidiani oggi hanno riportato i dati nettamente positivi emersi dall’annuale rapporto sull’occupazione pubblicato ieri dall’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione dei lavoratori. Si tratta di un’analisi molto pacata e sicuramente imparziale che non nasconde certo le criticità ancora esistenti del nostro mercato del lavoro ma individua anche importanti indicatori di miglioramento.
Secondo l’Isfol il nostro Paese ha conseguito lo scorso anno un +0,8% di crescita occupazionale, rispetto al +0,5% della media Ue, registrando inoltre il più significativo miglioramento della disoccupazione femminile proprio nel Meridione (-2,1%), insieme a una generale riduzione dei differenziali di genere. Ancora più interessante la comparazione con gli altri membri dell’Ue. Insieme a Gran Bretagna, Grecia, Spagna e Finlandia, l’Italia ha registrato infatti la diminuzione più veloce della disoccupazione strutturale. Il buon andamento dell’occupazione, rispetto ai dati certamente meno confortanti sulla crescita economica, dipenderebbe secondo l’Isfol dalle riforme varate nel corso degli ultimi anni. Le riforme Biagi e Moratti avrebbero infatti modificato profondamente il sistema del lavoro e della formazione anche se è ancora presto per coglierne appieno i risultati. L’Isfol sottolinea inoltre come resti “cruciale il dialogo tra Governo, Regioni e Parti sociali”. Alle Regioni, in particolare, è affidato il compito più delicato: rendere reali e concreti sul territorio i processi di riforma.
Chi desidera approfondire troverà la sintesi e le tabelle sul sito dell’Isfol. Io mi limito a sottolineare il silenzio mediatico su questo rapporto. C’è una troppo evidente sperequazione tra il modo con cui vengono amplificati i giudizi negativi sul nostro Paese e il silenzio assordante che vige su analisi e previsioni più confortanti. Nonostante i numerosi lanci da parte di tute le agenzie di stampa fino ad adesso son riuscito a trovare la notizia soltanto sul Secolo d’Italia che, come quotidiano di partito, ha un bacino ovviamente limitato. Eppure lo studio dell’Isfol non è così eclatante ed offre spunti interessanti che vanno al di là della convenienza politica di maggioranza o opposizione. Anche dove il rapporto registra risultati molto positivi come l’università – dove i laureati sono un iscritto su due, rispetto ai tre su dieci di pochi anni fa – si rimarca la necessità di qualificare sempre di più i giovani rispondendo così alla richiesta di risorse qualificate da parte del mondo del lavoro. Insomma continuiamo a perdere l’occasione di discutere in modo costruttivo su temi concreti mentre non ci sfugge mai il gossip sul Quirinale o un sindaco cretino in cerca di pubblicità che sopprime una targa commemorativa! Qual è il regime?

22 novembre 2005

Quando L’Espresso epurava Prodi

Ecco come, all’indomani della vittoria del centrosinistra nelle amministrative, L’Espresso del 5 dicembre del ’93, esattamente dodici anni fa, preannunciava cum magnum gaudium l’ormai prossima smobilitazione dei lottizzati dc. E chi ritroviamo in cima all’elenco dei burocrati dc da epurare? UDITE! UDITE! Romanino Prodi! Sì proprio lui, l’uomo nuovo che oggi per la sinistra ce la può fare. Nel 1994 era il lottizzato Dc per antonomasia che apriva la disamina brillantemente condotta da Paola Pilati, giornalista del settimanale da sempre faro della sinistra. Riporto qui qualche stralcio tratto da quel pezzo, intitolato in modo direi lungimirante:

ORFANI DI UN BOSS MINORE, Terremoto elettorale/I dc lottizzati allo sbando
Buona lettura!

E ora che le lezioni amministrative hanno sancito quello che i vigili della piazza e il sacrestano della vicina parrocchia avevano già capito da tempo, che la Dc è defunta, si pone un problema: che fine faranno i suoi orfani nella nomenclatura? Come si comporterà quell’armata di manager, presidenti di banche e di enti… improvvisamente privata di una bandiera?

Oggi possiamo rispondere a Paola Pilati con sicurezza: si candideranno a  guidare il centrosinistra!

Ma vediamo chi sono questi orfani di Gava, De Mita, Misasi o Forlani, questi vedovi di Andreotti e Silvio Lega. Cominciamo da quello che è sempre stato nei decenni il simbolo dell’infeudamento scudocrociato nell’economia, l’Iri. Romano Prodi, presidente per la seconda volta dell’Istituto di via Veneto, è un tecnico-politico, vale a dire che la sua figura professionale è sempre stata rafforzata dalla sua militanza nell’ala sinistra [quanta casualità in questo aggettivo?] della Dc: deve infatti la sua prima nomina, alla metà degli anni Ottanta, a Ciriaco De Mita, allora segretario del partito e ora un dc super partes [nel ’93 significava disarmato] come Oscar Luigi Scalfaro. Il fatto di avere questa sponda istituzionale potrebbe garantire oggi, la solidità della sua poltrona. E questo mantello protettivo Prodi lo potrebbe stendere anche ad alcuni degli uomini su cui fa affidamento per governare le province del suo impero [capite? Secondo L’Espresso l’uomo “che oggi ce la può fare” aveva nel ’93 le mani su un impero!]

Ed ecco come infine la Pilati chiude l’articolo:

…D’altronde un parte della sua grandezza la Democrazia Cristiana la deve alla  capacità di occupare tutti gli spazi possibili…Era solo qualche settimana fa. La vecchia nomenclatura sembrava destinata a non morire mai. Prima che la balena bianca affondasse. Ed era molto, molto tempo fa.

Dedico questo post, un po’ cinicamente forse lo ammetto, ai tanti amici che albergano sotto le insegne del centrosinistra e si sforzano di celare i propri mal di pancia quando mortadella-Prodi parla – ma sarebbe più giusto dire mugugna – pur di affermare la solidità dell’Unione. Non abbiamo bisogno d’intentare processi di piazza o scavare in archivi così profondi per ricordare le origini del vostro leader e la stima di cui godeva a sinistra. Bastano le vostre fonti, adorate e onorabilissime fonti, a raccontarvi una verità incontrovertibile.

PS: per chi lo desidera presto pubblicherò l’intero documento.
    

21 novembre 2005

Il liberismo cinese copra le rughe dei nostri cervelli

Rinvio tutti i grandi economisti che s’indignano quando si parla di anti-dumping all’articolo di Filippo Facci pubblicato oggi dal Giornale. Lasciando da parte il pur preminente discorso etico un dato emerge ancora una volta incontrovertibile: la Cina sta facendo la parte del leone nel libero mercato senza avere nessuna carta in regola per parteciparvi. La straordinarietà della sua crescita, possibile soltanto grazie allo sfruttamento indiscriminato delle sue risorse umane, è una straordinarietà che non è prevista nelle teorie liberiste che sono proprie di paesi democratici. Alla disinvoltura con cui i cinesi continuano a violare i fondamentali diritti dell’uomo fa da contraltare il rigore con cui noi italiani teniamo fede a delle regole che non rappresentano un Verbo ma solo uno paradigma di sviluppo. Così mentre la nostra economia subisce lo shock del passaggio da una produzione tirata dalla svalutazione ad una rallentata dalla giusta e sacrosanta pesantezza dell’euro, mentre il nostro tessuto imprenditoriale è colpito passo dopo passo nei settori a basso e medio tasso tecnologico - trainanti nel nostro Paese - noi custodi ortodossi di Smith e Ricardo, come un popolo di Jacoponi da Todi accettiamo di essere stretti da un uso improprio della concorrenza e del libero mercato. Accettiamo quindi cari liberisti che le nostre donne coprano le loro rughe col collagene dei condannati a morte dalla mirabile Repubblica Popolare perché: business is business, right?