17 novembre 2005

Silvio, se si è bravi perché non dirlo?

Oggi il ministro Stefano Caldoro ha presentato Monitor, il software che racchiuderà in un’unica panoramica tutto lo stato di attuazione del programma di governo. L’idea di fondo è importante: valutare nel complesso il cammino delle iniziative di tutti i dicasteri mettendo così in evidenza le eventuali criticità che bloccano l’iter di un determinato provvedimento. Il sistema inoltre permetterà di valutare anche i riflessi della normativa successivamente all’entrata in vigore, indicando inoltre le risorse finanziarie impiegate e la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissi.
Semmai verrebbe da temere che prima i controlli di Palazzo Chigi derivassero in toto dalla documentazione prodotta dai vari dicasteri. Ma i ministri impiegati da Silvio hanno lavorato bene e Monitor lo dimostra indicando le ben 1833 iniziative governative realizzate che rappresentano l’85% del programma, con molti progetti altri progetti – come tfr e procedure concorsuali - ormai in dirittura d’arrivo. Nella conferenza stampa di presentazione il segretario generale della presidenza del Consiglio, Mauro Masi, ha già anticipato l’intenzione di mettere a disposizione dei cittadini Monitor cosicché potranno essere loro stessi a controllare l’evolversi dell’attività dell’esecutivo. La mia opinione è che questa seconda fase andrebbe anticipata al più presto e che comunque la maggioranza dovrebbe sfruttare al massimo la capacità di analisi di questo sistema.
La gente, anche quella meno schierata, è ancora troppo inconsapevole della quantità di riforme varate dal centrodestra, è questa non mi stancherò mai di dirlo è una colpa gravissima della maggioranza che ancora non corre ai ripari. Certo aver fatto tanto non vuol dire aver lavorato bene ma conoscere i cambiamenti che il governo Berlusconi ha impresso in tutti i settori del nostro Paese è il punto di partenza per avviare una discussione costruttiva nell’interesse di tutti.

Costituzione: la sfida più grande all’ancien règime

Il varo di una vera riforma costituzionale rappresenta la scommessa più grande del Polo. Scommessa e non vittoria perché il referendum abrogativo sarà una prova di successo di questa legislatura per certi versi anche più importante delle stesse politiche. Sulla questione non si ammettono mezze misure. Chi come Follini contesta la riforma per quanto mi riguarda si mette già fuori il progetto della Casa delle Libertà e questo non perché la nuova costituzione sia priva di difetti, ne ha ogni legge, ma perché questa sfida incarna la lotta per il rinnovamento complessivo del Paese ingaggiata dal centrodestra, il suo essere la vera forza riformatrice del panorama politico Italia. Chi contesta la bontà della riforma insomma difende il sistema vigente con tutti i suoi handicap e il vecchiume che si porta dietro. Non si riscontra più in alcuna democrazia il bicameralismo perfetto – che in fondo non era nemmeno nella testa dei padri costituenti – così come in nessuna democrazia il capo del governo ha prerogative così ristrette. Non parliamo poi della profusione eccessiva dei parlamentari in numero esagerato rispetto a Paesi che hanno una popolazione ben maggiore della nostra come Germania e USA. Chi poi si dice malato di bipolarismo non può non apprezzare la scelta diretta del premier contestuale al voto sui deputati. Certo i cambiamenti nascondono sempre delle insidie, per esempio il rischio frammentazione e clientelismo nella burocrazia regionale, ma quale grande sfida non presenta incognite?

16 novembre 2005

Se la Cdl è più libera di Fredom House

“Amo” gli antiberlusconiani che pretendono di ragionare sui fatti e quindi voglio rispondere dati alla mano all’ultimo commento di Cristian al mio precedente post.
1)Se vogliamo ragionare sulla fondatezza del rapporto di FH mettiamo da parte per un attimo quella che è la nostra lettura dell’Italia e sforziamoci di valutare l’obiettività di questo studio.
2)Quando tu dici che in fondo la sentenza di Jannuzzi è giusta perché nel nostro Paese è previsto il reato di diffamazione a mezzo stampa metti in dubbio tu stesso il valore dell’analisi di FH che ha scambiato una condanna – che si può contestare o meno - per una persecuzione politica!
3)Leggendo il documento come tu consigli la scarsa professionalità di questi analisti emerge ancora più chiara. Spiegami per esempio che dato rappresenta scrivere: Lili Gruber, quit in reaction to Berlusconi’s domination of the media. Che cos’è questa? Un analisi? Oppure un semplice giudizio azzardato? Vorrei capire. Un professionista di lungo corso della Rai decide di entrare in politica con la coalizione avversa al governo e il suo giudizio sull’esecutivo diventa un dato oggettivo per definire il grado di libertà nel nostro Paese? E poi cosa significa scrivere tanto per dire che Berlusconi è presente nel 42% dei servizi dedicati ai politici? Forse che dovrebbero concedere più spazio al presidente della sezione della Lista Di Pietro di Canicattì?
4)La legge Gasparri come tutti i provvedimenti è suscettibile di critiche ma perché non argomentare? Perché chi pretende che si legga la bibbia di FH non legge anche i testi delle norme che critica? Io dovrei dedurre che la legge Gasparri è ad personam perché Ciampi ne rinviò l’approvazione e perché prevede il salto al digitale terrestre?

Approfittando del dibattito sul rapporto di Freedom House riacceso da Cristian pubblico qui la “breve” analisi con cui l’Italia è stata classificata come paese parzialmente libero.

Freedom of speech and the press are constitutionally guaranteed. Legislators moved in July toward abolishing prison sentences for libel, a development welcomed by media organizations, but the proposed amendments have yet to be adopted. Politicians and their allies filed several libel suits against journalists during 2004; in February, journalist Massimiliano Melilli was sentenced to 18 months in prison and ordered to pay 100,000 euros (US$124,400). In July, a 76-year-old journalist and senator was placed under house arrest, relaxing his 2002 sentence of 29 months’ imprisonment for libel. Press freedom organizations criticized two separate government raids on journalists’ homes and offices, owing to the journalists’ refusal to reveal their sources for controversial, investigative reports.
Most press outlets are privately owned but are often linked to political parties or run by large media conglomerates that exercise some editorial influence. In December, journalists at Italy’s leading and highest-selling daily, Corriere Della Sera, protested increasing editorial interference and pressure in the newsroom from its shareholders. The newspaper is owned by RCS Mediagroup, in which 15 of Italy’s major conglomerates have a stake. Concerns about the concentration of media ownership have been an issue since the election in 2001 of Silvio Berlusconi, a media magnate and Italy’s wealthiest individual, as prime minister. The print media, which consist of eight national newspapers, two of which are controlled by the Berlusconi family, continue to provide diverse political opinions, including those critical of the government. However, Berlusconi controls or influences six of the seven national broadcast channels. Mediaset, a company in which he has a major interest and the largest private broadcaster in the country, owns three national channels, while the state-owned network (RAI), traditionally subject to political pressure, controls three.
Questions continue to be raised about the political impact of Berlusconi’s control of the media. The Osservatorio di Pavia, an independent media watchdog, reported that in the month of February, Berlusconi’s presence on television accounted for 42 percent of the time dedicated to politicians. During the year, the head of RAI, Lucia Annunziata, and one of its star television broadcasters, Lili Gruber, quit in reaction to Berlusconi’s domination of the media. A long awaited conflict of interest bill, which was intended to resolve the contradictions between Berlusconi’s private business and his role as prime minister, was passed in July. Although the bill limits the managing control politicians have over their holdings, it does not bar them from owning companies. As a result, the bill, which was criticized as being toothless by critics, will have little impact on Berlusconi’s media empire.
In April, the parliament adopted a law on broadcasting reform, known as the Gasparri Law, which ostensibly introduces a number of reforms, such as the switch-over to digital broadcasting (scheduled to take place in 2006) and the partial privatization of RAI. The law was initially vetoed in December 2003 by President Carlo Ciampi, who was urged to do so by media organizations claiming the law threatened press freedom and undermined news pluralism. Although the revised law has a clause that limits the maximum revenue a single media company can earn, it excludes
interests in publishing, cinema, and the music industry. Critics of the law still say that it reinforces Berlusconi’s power over the media. The new law also allows one of the three Mediaset channels, Retequattro, to continue terrestrial broadcasting. The decree runs counter to a 2002 Constitutional Court ruling that demanded the channel switch to satellite by January 2004 to ensure competition. The shift to satellite would have led to a considerable loss in the station’s market value.