05 gennaio 2006

“Le elezioni fanno male alla democrazia”. Parola di Giovannino Sartori

Ogni volta che l’esimio professor Giovanni Sartori soloneggia dalla prima pagina del Corriere della Sera mi soffermo a pensare allo scarso rilievo che ormai hanno la professionalità e l’onestà intellettuale come requisiti per firmare un editoriale sul più importante quotidiano italiano. Sartori, più in forma che mai ed esaltato da un 2006 che sente sempre più come trionfo per i propri beniamini del centrosinistra, non ha più alcun pudore o dignità nello sparare a zero contro ogni atto della maggioranza, dipinta sempre più come “un’associazione a delinquere” in giorni in cui questo reato sembra così in voga su altre sponde. Stringo lo stomaco e rileggo con attenzione alcune delle bestialità, comparse oggi sul CS, di questo maestro di moderazione, memore di come questi attacchi sconsiderati non fanno che bene al centrodestra, ricordate l’effetto boomerang di Santoro???

  • Le elezioni sono il momento demagogico della democrazia. Sono necessarie, ma non è detto che siano benefiche

  • la riforma della Costituzione varata dal governo Berlusconi prospetta elezioni a grandine, e cioè ad ogni crisi di governo

  • La nuova grande medicina è il rivotismo, il tornare a votare… Ai rivotisti (per così dirli) non viene nemmeno il sospetto che il nuovo voto possa ripetere quello precedente. Eppure è spesso così. Inghilterra, Stati Uniti, Svezia e parecchie altre democrazie impeccabili hanno avuto lunghi periodi senza alternanza, e cioè senza cambiamento di maggioranza.

  • Il troppo votare stanca gli elettori, li stufa, e li allontana dalla politica; e per di più incentiva il malgovernare, il governare demagogico.

  • Primo: la mafia. Avete mai sentito parlare, durante il lunghissimo (evviva, evviva) governo Berlusconi, della mafia?... Semmai e piuttosto alla mafia si offre, in cambio del voto, la «faraonica» pappatoia del ponte di Messina. Perché il voto mafioso può essere determinante da Napoli in giù. Anche per le sinistre, che difatti sorvolano.

  • Secondo: il lassismo amministrativo. Quanto si lavora nei nostri grandi ministeri? Lì il «fuori stanza» è normale.

  • Terzo: il diritto disatteso. In Italia la viabilità e i trasporti vengono continuamente interrotti, lo sciopero dei servizi pubblici è endemico. Ma se la polizia interviene (rarissimamente) è «violenza». A dispetto della legge (violata) bisogna sempre e soltanto «dialogare».

Mi scusi professore ma non è che a furia di scalate e consorti troppo loquaci ve la state facendo sotto? Mi faccia capire. Le elezioni sono il momento demagogico della democrazia. Ma che cavolo significa? Che può esistere una democrazia senza elezioni? Il rivotismo, come dice lei, avrebbe rovinati paesi come Usa, Svezia e Regno Unito? Non la sfiora minimamente il dubbio che una maggioranza uscente è pur sempre una rappresentanza che ha avuto un sostegno popolare e che quindi può avere anche il diritto di richiamare al voto l’elettorato? Ah sì dimenticavo, le elezioni sono il campo preferito dei demagoghi. Ma allora cosa dobbiamo fare Giovannino? Ci mettiamo nelle tue mani? Tra le cose che non si possono certamente obiettare a questa maggioranza è l’aver favorito una consultazione frequente della volontà popolare. Oppure lei esimio costituzionalista, che un po’ di storia contemporanea pure la conoscerà meglio di me, ricorda qualche altro governo repubblicano che sia durato tanto a lungo? E poi quei punti: mafia, lassismo amministrativo e infrastrutture. Lei è stato in grado di attaccare l’esecutivo sui punti sui quali ha ottenuto fuor di dubbio i risultati migliori. La Mafia caro professore non si combatte con i proclami, avete mai sentito parlare, ma con un azione ferma e costante di vigilanza fin nelle piccole cose. Sul piano della burocrazia questo governo ha avuto apprezzamenti internazionali per la rapidità con cui ha iniettato dosi massicce di razionalizzazione e tecnologia nella pubblica amministrazione. Sui lavori pubblici sono quegli stessi che i suoi amici promettevano da anni e che stanno modernizzando tutto il sistema di viabilità nazionale da nord a sud. Professor Sartori ma possibile che io misero pischelletto so tutte queste cose e lei no? allora le dico col mio caro Totò: ma mi faccia il piacere!

Da Tangentopoli a Bancopoli, corsi e ricorsi storici

Così Sergio Romano oggi sul Corriere della Sera difendendo, senza assolverlo in toto, la figura di Bettino Craxi.

In secondo luogo lo difendo perché provai imbarazzo e fastidio quando constatai che la questione morale veniva brandita contro di lui da un partito che si era sostenuto con i finanziamenti di uno Stato potenzialmente nemico e con i proventi del commercio est-ovest. Se non ci fossero state le provvidenziali amnistie degli anni Ottanta, Tangentopoli avrebbe coinvolto parecchi esponenti del Pci. E tutti noi, di fronte a due tipi di finanziamenti illeciti, avremmo dovuto porci questa domanda. Quale, fra i due reati, è il più grave? Accettare il denaro di una potenza straniera che schiera missili nucleari contro l'alleanza di cui l'Italia fa parte, o prenderli, sotto forma di tangenti, nelle tasche dei propri connazionali? Non pretenda una risposta, caro Ottone. Non saprei darla.

04 gennaio 2006

Politiche 2006: la partita si gioca sulla comunicazione politica

In genere la settimana mediatica che unisce capodanno alla Befana è caratterizzata da una scarsa rilevanza di questioni politiche. I parlamentari ancora gonfi di panettoni e cotechini hanno poca voglia di polemizzare e preferiscono aspettare il cioccolato amaro del 6 gennaio per gettarsi di nuovo nella mischia. Non così quest’anno. Complice l’approssimarsi delle elezioni, il 29 gennaio le camere saranno sciolte, i giornalisti cominciano a buttare giù il seme della campagna elettorale lanciando i temi su cui i Poli si scontreranno. Ma l’esito delle elezioni, che continuo a considerare tutt’altro che scontato, non dipenderà dalle bufere giudiziarie che hanno caratterizzato gli ultimi mesi. Gli italiani hanno ormai fatto il callo, abbiamo storicizzato tangentopoli prima degli stessi protagonisti della politica. A parte qualche profeta noioso a sinistra sono in pochi ad agitare lo spettro delle manette e a profetizzare la politica dell’etica, quale etica poi non è dato sapere. Si va sempre più diffondendo una sorta di machiavellizzazione dell’elettorato. Stanchi di rincorrere i giudici e le loro estemporanee inchieste, stiamo imparando che dai tribunali si può uscire spesso con una coscienza più pulita di chi non vi è mai entrato. Quello su cui invece tendiamo a far sempre meno sconti è l’efficacia dell’azione politica. Con le ideologie ormai pensionate ci sforziamo di valutare in modo sempre più obiettivo i risultati di governo. Questa trasformazione rende sempre più critica la comunicazione politica, la capacità da parte dei governanti di mostrare gli obiettivi raggiunti rispettando l’agenda presentata durante le elezioni. La debolezza del centrodestra in questo momento è tutta in questa inefficienza di comunicazione. Ormai sono sempre più le voci che manifestano la propria sorpresa dinanzi a questa clamorosa defaillance: il politico comunicatore non ha saputo comunicare al proprio elettorato. Come è potuto accadere? Silvio Berlusconi nella sua ultima apparizione a Porta a Porta continuava a rimarcare come questo paradosso mettesse in evidenza lo scarso controllo che ha sui mezzi d’informazione, evidenziando i  continui attacchi rivoltigli di continuo dai tre principali quotidiani. La colpa per il premier sarebbe della disinformazione sapientemente orchestrata dall’opposizione. Se questo fosse vero, come in parte certamente è, il Polo delle Libertà non sarebbe comunque esente dalla colpa di non avere avuto la forza e l’attenzione necessaria ad evitare il successo di questa strategia degli avversari. La verità però è un’altra: anche i mezzi d’informazione orientati a favore del governo hanno dato scarsa visibilità alle importanti riforme varate in questa legislatura. I vari Il Giornale, Libero e Il Tempo, sono stati bravissimi a sostenere la politica internazionale, a difendere la necessità di mantenere in Irak il nostro contingente, a punzecchiare l’opposizione sulle contraddizioni che l’attraversano e sulle ombre che ricadono sui leader avversari ma poco o nulla è stato fatto come informazione costruttiva su come la maggioranza stava trasformando il Paese. Le stesse riforme della giustizia, piuttosto che del sistema radiotelevisivo e della tutela del risparmio sono state affrontate più nell’ottica di parare i fendenti che arrivavano in quanto provvedimenti ad personam piuttosto che per porre l’accento sugli importanti benefici che avrebbero introdotto. Colpa allora dei mezzi d’informazione filogovernativi? Non del tutto. Le sollecitazioni per informare l’opinione pubblica sui cantieri normativi aperti come su quelli infrastrutturali dovevano arrivare dal centrodestra stesso che invece è stato lacunoso. Da quando il Polo ha avviato la rincorsa all’Unione? Da quando il premier e gli esponenti più importanti del governo, Tremonti in testa, sono scesi in campo per spiegare punto per punto la politica di questi anni della maggioranza. Ciò che mai è mancato a Silvio Berlusconi e alla sua squadra è infatti il dono della chiarezza e dell’incisività del linguaggio. È su questo che Msi e Lega prima e Forza Italia poi hanno costruito il loro successo elettorale. Ma questa verve comunicativa andava trasformata e mantenuta da voce dell’opposizione per il cambiamento a voce del governo che informava passo dopo passo gli italiani sui progressi del proprio lavoro. Invece nulla, zero assoluto. Anche i più strenui sostenitori hanno fatto spesso fatica a trovare i contenuti per sostenere il confronto con chi chiosava la inoperosità del governo. Il Polo ha perso consenso su questo. Quando anche chi lo aveva votato e riponeva ancora fiducia nella sua attività si è trovato con le armi verbali spuntate. Emblematica in tal senso è stata la polemica del direttore di Libero, Vittorio Feltri giunto a rimproverare in diretta Tv al presidente del Consiglio uno scarso impegno per l’approvazione delle misure che non sarebbero di interesse diretto dello stesso premier (il riferimento era alla depenalizzazione del reato d’opinione). Silvio non dovrebbe allora sorprendersi se la gente ignora le cose buone, e sono tantissime, realizzate dal suo governo. Per correre ai ripari giocandosi il tutto per tutto urge una radicale inversione di tendenza. Il progetto del Motore Azzurro muove in questa direzione ma non è abbastanza. La Casa delle Libertà tutta dovrebbe promuovere attraverso il coinvolgimento di politici, intellettuali, economisti, imprenditori, una grande campagna elettorale basata su un tour di forum sempre aperti sulle riforme più importanti. Un percorso continuo, città per città, che punti non alla retorica del dileggio politico – la sinistra al governo ammazzerebbe il Paese – ma alla illustrazione puntuale di quanto è stato fatto di buono e dei frutti che sarà possibile cogliere continuando a scommettere sul programma di governo del centrodestra.