06 ottobre 2005

Europa e libero mercato: per il Polo è ora di rompere con i tabù

Nuove forme di politica economica. È uno dei temi di fondo su cui il centrodestra e tutti i forum di riferimento dovrebbero confrontarsi cercando di andare oltre il fanatismo liberista che ormai segna il passo. Un’indicazione inequivocabile in tal senso sta arrivando dal nuovo corso di Giulio Tremonti a Via XX Settembre che, nei giorni successivi alla presentazione della finanziaria per il 2006, non ha mancato di rimarcare la necessità per la politica di dare alla società risposte più concrete e meno idealistiche. Emblematica in tal senso la scelta del ministro dell’Economia di aprire l’intervento al Senato di martedì scorso citando il presidente del Parlamento europeo Joseph Borell che, al congresso DS del 3 febbraio, sottolineava il bisogno di aprire la discussione su un nuovo approccio dei governi al “sogno europeo”.
Il discorso di Tremonti è l’indicazione di una via da seguire, una via che abbatte i tabù dell’Europa e del libero mercato, spingendo tutti, di qualsiasi colore politico, a mettere in discussione tutto e a confrontarsi con l’andamento globale dell’economia. Un andamento straordinario davanti al quale non si può continuare a dire ottusamente bisogna rispettare le regole, come se queste regole fossero il dettato di un nuovo vangelo laico che impedisce all’Europa di reagire al protezionismo altrui (vedi Usa) e al tempo steso ci vieta di porre alcun limite all’invasione selvaggia della Cina. L’Europa nacque nella mente dei padri fondatori per rendere questi paesi più forti, autorevoli e autonomi davanti a una realtà fatta di giganti che si muovevano sul palcoscenico sempre più piccolo del mondo. Se oggi, non solo in Italia, emergono timori sulle prospettive di una comunità sempre più ampia e sempre più unita, vuol dire che c’è qualcosa da rivedere in quel disegno. Deve farsi strada una volta per tutte l’idea che criticare una scelta di Bruxelles non significa essere anti-europeisti, così come deve essere possibile aprire il confronto sul controllo delle importazioni dalla Cina che, economicamente parlando, rappresenta una calamità davanti alla quale non difendersi vuol dire non assumersi la responsabilità di scelte nuove che sarebbero perfettamente in linea con la ragion d’essere dell’Unione europea. Nessuno crede seriamente di risolvere i problemi della nostra economia chiudendoci su noi stessi, la nostra produttività ha bisogno di essere innanzitutto rilanciata, ma chi storce il naso davanti all’eventualità di misure temporanee con le quali gestire la trasformazione della nostra economia non ha un’idea chiara la differenza che passa tra le teorie economiche e la politica economica.    

4 commenti:

Hermes ha detto...

Scusa, ma quale fanatismo liberista? In Italia il liberismo non sappiamo neppure che faccia ha, e in Europa, Uk a parte, men che meno...

Federico ha detto...

Il liberismo puro non è applicato nè in in UK nè tantomeno negli Stati Uniti dove lo stato non sdegna interventi a sostegno dell'economia nazionale...e fanno benissimo intendiamoci!
grazie cmq della visita

Massimo ha detto...

E' vero che il liberismo puro non è applicato da nessuna parte (per fortuna) ma in Italia c'è ancora troppo "socialismo".
Il tuo invito ad aprire una discussione sul tema è assolutamente pertinente, anche in una campagna elettorale dove si leggono proposte da brivido come quelle riportate dal Giornale di oggi e riferite a Bertinotti.
Una perla ? L'aggressione alle rendite finanziarie, che altro non è che una super tassazione sui nostri risparmi. Risparmi, sia chiaro, derivanti da un reddito già abbondantemente tassato e a quali scopi ?
Quelli di mantenere carrozzono come l'Alitalia, elargire rottamazioni alla Fiat, concedere gratuitamente locali ai no global, finanziare improbabili compagnie teatrali nel nome di una "cultura" falsa e bugiarda, sovvenzionare i sindacati e i loro patronati e caf, finanziare i film ideologici che non saranno visti neppure dai parenti stretti degli autori e registi ... e potrei continuare ... ;-)

Federico ha detto...

Monsoreau ti ringrazio molto per l'ampio e generoso commento.Mi fa piacere che tu condivida l'idea di aprire un confronto su certi temi. Io sostengo che anche delle rendite finanziarie si possa parlare. Non esistono tabù in economia ed ogni cosa può essere presa in considerazione ricordandosi semrpe della possibilità di applicare dei distinguo. Sulle rendite il distinguo evidentemente potrebbe ssere fatto solo su rendite di una certa entità che hanno una produttività nulla sulla nostra economia. Tassare le rendite non deve significare penalizzarne ovviamente i detentori ma ricordiamoci che da noi sono le più basse d'Europa mentre gli altri pesi fiscali sono tra i più alti. Non credo che riequilibrare sia un cosa abominevole. Parliamo anche di questo:)