01 aprile 2006

Il Sole24ore castiga il governo con i dati del 2002!

Ogni voto che il Polo riuscirà a guadagnare alle prossime politiche sarà oro colato per quanto fango sta ricevendo in questi mesi dalla stampa nazionale. L’ultima stoccata arriva dal Sole24ore di mercoledì sul quale sono stati pubblicati, in modo tremendamente disinvolto, dati del tutto tendenziosi che puntano senza mezzi termini a mettere alla gogna la politica di rilancio dell’economia promossa in questi anni dal centrodestra. Su questo versante la strategia dei media antiberlusconiani – è una definizione dalla quale a questo punto non possiamo esimerci – è ormai chiara. Sparare a zero in prima pagina con titoli ad effetto utilizzando ogni scaccolata prodotta da un centro studio o da una rivista internazionale e propinarla come verità incontrovertibile. Mercoledì il quotidiano di Viale dell’Astronomia però si è superato. A sostegno del solito articolo che manifestava, con turbamento saccente, preoccupazione per l’andamento della nostra economia sono state riprese alcune rilevazioni risalenti al 2002 e al 2003, cioè a quattro o tre anni fa quando il governo aveva appena avviato le riforme strutturali che soltanto oggi possono cominciare a mostrare i primi effetti positivi.
I dati riportati dal Sole24ore sugli investimenti in ricerca, in cui l’Italia figura al 19° posto nell’aerea Ocse, risalgono per esempio al 2002! La percentuale di nuovi laureati è invece ripresa addirittura da una misurazione svolta nel 2003; evidentemente al Sole pensano che il governo possa ogni anno sfornare nuovi dottori a suon di decreti! Lo stesso dicasi per gli investimenti in Ict i cui valori di riferimento sono fermi ad un’analisi del 2003.
Insomma per Montezemolo & Co. Berlusconi dovrebbe andare a casa perché nel 2002 il Paese lasciatogli dall’Unione era molto indietro rispetto agli altri stati dell’area Ocse. Il ragionamento per carità è in linea con l’area politica che Confindustria ha inteso appoggiare durante questa campagna elettorale. Da un quotidiano tecnico, come dovrebbe restare il Sole24ore, ci si aspetterebbe tuttavia che le proprie legittime posizioni fossero argomentate in modo meno grottesco. Quando l’articolista Luca Paolazzi cita il Factbook 2006 dell’Ocse come “bibbia delle statistiche”, per non farsi beffe dei lettori, dovrebbe quantomeno precisare che i dati raccolti nel rapporto non sono aggiornati anno per anno ma piuttosto puntano ad un’analisi di larghissimo periodo ma questo del resto non sarebbe funzionale a squalificare il governo. A noi è bastato fare qualche ricerca e visionare direttamente le serie riportate sugli excel del Factbook dell’Ocse disponibili on line per verificare come le tabelle di comparazione riguardassero, soprattutto per le rilevazioni sugli investimenti strategici in innovazione, gli anni tra il 2002-2003. A sinistra ridono quando il premier parla di stampa-contro, eppure ogni giorno chi segue con un minimo di attenzione i media non può fare a meno di scontrarsi con realtà come questa appena raccontata. Su queste stesse pagine solo un mese fa riportavamo i dati reali sull’andamento della competitività dell’Italia. Si tratta di dati diffusi dalla Commissione europea a gennaio basati su fonti Eurostat e Ocse aggiornate al 2005, numeri che non rappresentano un economia tricolore da sogno ma in cui è indicato chiaramente il trend positivo che il Paese ha imboccato negli ultimi anni con una crescita dell’innovazione. In particolare risultiamo ai primi posti proprio per gli investimenti strategici in cui secondo il Sole24ore saremmo fanalino di coda. Terzi in Europa dopo Austria e Finlandia per incentivi pubblici alle imprese che innovano; terzi, dietro Svezia e Germania, nella ricerca nell’alta tecnologia; terzi nel tasso di crescita annuo dei laureati in materie scientifiche, in penetrazione della banda larga e in finanziamenti pubblici in favore di R&S.
Purtroppo l’Italia continua a pagare l’assenza di un’informazione obiettiva in fase di analisi politica. Nella redazione di Ferruccio De Bortoli non ignorano di certo che la validità di una politica di governo di cinque anni si misura sul trend più che sui livelli attuali dei parametri economici ovviamente influenzati dalla condizioni iniziali. Non ignorano neppure, almeno ce lo auguriamo, che in un’economia sempre più globalizzata gli spazi di azione dei governi sono ormai molto limitati. Gli andamenti generali dell’economia mondiale infatti obbediscono sempre più alle leggi naturali del mercato, ai suoi cicli positivi e negativi tremendamente sensibili alle anomalie di alcune aeree del pianeta come quella cinese ed indiana. Cavalcare questi fenomeni non è affatto semplice ed i risultati, anche ricorrendo agli sforzi più appropriati, possono essere sempre compromessi dalla variabile esogena di turno, vedi terrorismo o calamità naturali. Tutto ciò poi vale ancora di più per i paesi dell’euro, i cui governi non hanno neppure la possibilità di agire sul costo del denaro e devono rispettare vincoli comunitari, sicuramente giusti in linea di principio, ma poco pronti ad essere adattati alla difficoltà congiunturali degli ultimi anni. Quando il Sole24ore auspica una politica economica più inserita nel contesto europeo dovrebbe innanzitutto invocare una politica europea più flessibile, più rapida nelle proprie scelte, meno litigiosa nel suo complesso. Il caso delle misure antidumping è esemplare. Bruxelles ha perso due anni almeno per fare un primo passo verso ciò che gli Usa hanno applicato alla grande già da tempo tra l’altro ai danni della stessa Europa in alcuni settori come il chimico e il siderurgico. Non solo. Mentre noi affrontiamo complicate discussioni deontologiche sul liberismo, dall’altra parte dell’oceano gli inventori del liberalcapitalismo favoriscono la svalutazione della moneta, sostengono con massicci interventi del governo la produzione e stipulano accordi bilaterali con le tigri asiatiche. Il debito sta aumentando è vero ma a Washington sanno che se l’economia gira col tempo sarà possibile rientrare nelle spese extra di questi anni. Questo i giornalisti economici delle nostre principali testate lo sanno? Conoscono la forza con cui il nostro governo è intervenuto in sede Europea per rendere più flessibile un patto che la stessa Germania motore dell’Ue non riesce più a rispettare? O dobbiamo rassegnarci ormai a pagine di economia su cui ogni tabella ed ogni grafico va bene per far bella figura e nessuno è in grado di fare una lettura comparata seria e approfondita? Fin quando avremo giornali che alla vigilia di un voto così importante per gli italiani si perdono dietro a duelli televisivi, a intercettazioni col timer, ai Lando Buzzanca che cambiano bandiera ed, ahimè, a bambini bolliti 50 anni fa, non riusciremo mai ad avere una democrazia veramente matura in cui i cittadini sono messi in condizione di confrontarsi con i fatti e non con l’aria fritta.


Da Ragionpolitica del 31 marzo 2006

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