25 agosto 2005

Una legge sul lobbyng per regolare i rapporti tra politica e affari

Le vicende ambigue emerse attorno all’operato della nostra banca centrale, al di là dell’ovvio scontro politico cui danno luogo, mostrano una debolezza di fondo delle regole di trasparenza e garanzia entro le quali dovrebbe muoversi la Banca d’Italia. A ben vedere il marciume che sta emergendo può avere risvolti positivi sulla prospettiva di una riforma delle prerogative del Governatore. Finalmente comincia ad essere sempre più difficile opporsi all’introduzione di un mandato a termine, finalmente si fa strada l'idea di un governatore che non faccia politica economica scegliendo se conviene aprire il nostro risparmio agli istituti di crediti stranieri o meno ma si limiti a vigilare sull’affidabilità del sistema bancario. Il momento potrebbe essere propizio anche per riaprire la discussione sull’opportunità di una legge che regolamenti l’attività di relazioni istituzionali. Gli scandali legati ad Unipol e Bpi hanno infatti riportato alla ribalta la necessità di una legge sull’attività di lobby che farebbe venir meno l’alibi dell’inciucio tra grandi imprese, politici e istituzioni di controllo. In queste settimane un’apertura ad una normativa sul lobbying è arrivata persino da Fausto Bertinotti e da altri leader del centrosinistra. Negli Stati Uniti le relazioni tra imprese e politica sono garantite nella costituzione e discplinate dal Lobbyng Act del 1946 – riformato nel 1995 – senza che ciò provochi l’assuefazione dei cittadini a losche commistioni. La regolamentazione di quest’attività aiuta semmai ad approfondire le questioni puntando il dito agli accordi che ledono chiaramente l’interesse pubblico. In Italia invece sullo stesso tema vige un puritanesimo di facciata che porta ad arricciare il naso davanti a certi legami che in una democrazia diventano inevitabili. Ci riempiamo la bocca di libero mercato salvo stupirci quando vediamo quanto il re, o il governatore, siano nudi. Per dormire sonni tranquilli e non aver timore di accettare un invito a cena al telefono il consiglio ai politici onesti, di certo la gran parte, è quindi di accelerare l’iter del ddl per la disciplina delle relazioni istituzionali già assegnato alla commissione Affari costituzionali della Camera e che già gode di un certo consenso trasversale.

1 commento:

Anonimo ha detto...

anche angelo panebianco ha posto il problema: meglio patti chiari tra politica e finanza, che un ipocrita fare finta di niente.
piacere di averti incontrato.