Più che un attacco considero la critica di Marcello Pera al Csm una difesa dei principi costituzionali.
Fa specie che mentre tutti si divertono a cogliere l''anticostituzionalità in quasi ogni atto di questo governo, da sinistra si condanni senza appello il presidente del Senato che, nel pieno esercizio delle proprie prerogative istituzionali, richiama l'organo di autogoverno della magistratura ad attenersi ai limiti circoscritti dall'art. 105. Fa specie e neppure tanto a ben vedere se è vero che dietro il Csm c’è la longa manus di Carletto Azeglio Ciampi che costituisce l’opposizione meno chiassosa ma più incisiva alla maggioranza di centro-destra. Il richiamo di Pera è un atto di naturale difesa della divisione dei poteri che si impernia perfettamente in una politica liberale. Infatti la seconda carica dello Stato ha sottolineato come l’espressione autonoma da parte del Csm di pareri non richiesti e addirittura il ricorso alla Consulta contro una legge del Parlamento ponga comunque, a prescindere dalla Costituzione, un problema d’interferenza tra organi con funzioni differenti. Su questo punto il Pera-pensiero è rigorosamente liberale, rispettoso di una costituzione ideale che è alla base di tutti i sistemi democratici. La linearità di questo ragionamento è dimostrata del resto dall’inaspettato sostegno che la critica del presidente del Senato ha incontrato nel deputato di Rifondazione, Giuliano Pisapia, responsabile del settore giustizia per il partito di Bertinotti. In un’intervista sulla seconda pagina del Corriere della Sera di oggi, Pisapia, pur condividendo nella sostanza il parere del Csm, riconosce l’inopportunità di giungere ad uno scontro che altera gli equilibri tra i poteri ricordando come i giudici abbiano la possibilità di esprimere le proprie posizioni sui lavori del parlamento, attraverso le proprie associazioni, nelle audizioni che sempre in questi casi hanno luogo nelle commissioni competenti. Alla faccia di chi vede fratture continue nella Cdl il lo stesso presidente della Camera non ha esitato a difendere la legittimità delle parole di Pera affermando che “se i presidenti di Camera e Senato richiamano il Csm a rispettare l'autonomia delle Camere "non è lesa maestà". Sulla riforma Castelli quindi il Polo mostra i muscoli e trasforma l'attacco del Csm in un boomerang per le toghe rosse.
19 luglio 2005
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1 commento:
Condivido in toto il contenuto di questo post.
Le toghe (rosse o rosa ;-) vogliono continuare ad occupare uno spazio che non è il loro.
Vogliono dettare, non applicare la legge (che infatti una loro icona invita ad "interpretare" alla faccia della certezza del diritto).
La riforma Castelli è solo una inversione di tendenza.
Con la prossima legislatura bisognerà fare il resto ... :-)
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