Nuove forme di politica economica. È uno dei temi di fondo su cui il centrodestra e tutti i forum di riferimento dovrebbero confrontarsi cercando di andare oltre il fanatismo liberista che ormai segna il passo. Un’indicazione inequivocabile in tal senso sta arrivando dal nuovo corso di Giulio Tremonti a Via XX Settembre che, nei giorni successivi alla presentazione della finanziaria per il 2006, non ha mancato di rimarcare la necessità per la politica di dare alla società risposte più concrete e meno idealistiche. Emblematica in tal senso la scelta del ministro dell’Economia di aprire l’intervento al Senato di martedì scorso citando il presidente del Parlamento europeo Joseph Borell che, al congresso DS del 3 febbraio, sottolineava il bisogno di aprire la discussione su un nuovo approccio dei governi al “sogno europeo”.
Il discorso di Tremonti è l’indicazione di una via da seguire, una via che abbatte i tabù dell’Europa e del libero mercato, spingendo tutti, di qualsiasi colore politico, a mettere in discussione tutto e a confrontarsi con l’andamento globale dell’economia. Un andamento straordinario davanti al quale non si può continuare a dire ottusamente bisogna rispettare le regole, come se queste regole fossero il dettato di un nuovo vangelo laico che impedisce all’Europa di reagire al protezionismo altrui (vedi Usa) e al tempo steso ci vieta di porre alcun limite all’invasione selvaggia della Cina. L’Europa nacque nella mente dei padri fondatori per rendere questi paesi più forti, autorevoli e autonomi davanti a una realtà fatta di giganti che si muovevano sul palcoscenico sempre più piccolo del mondo. Se oggi, non solo in Italia, emergono timori sulle prospettive di una comunità sempre più ampia e sempre più unita, vuol dire che c’è qualcosa da rivedere in quel disegno. Deve farsi strada una volta per tutte l’idea che criticare una scelta di Bruxelles non significa essere anti-europeisti, così come deve essere possibile aprire il confronto sul controllo delle importazioni dalla Cina che, economicamente parlando, rappresenta una calamità davanti alla quale non difendersi vuol dire non assumersi la responsabilità di scelte nuove che sarebbero perfettamente in linea con la ragion d’essere dell’Unione europea. Nessuno crede seriamente di risolvere i problemi della nostra economia chiudendoci su noi stessi, la nostra produttività ha bisogno di essere innanzitutto rilanciata, ma chi storce il naso davanti all’eventualità di misure temporanee con le quali gestire la trasformazione della nostra economia non ha un’idea chiara la differenza che passa tra le teorie economiche e la politica economica.
06 ottobre 2005
04 ottobre 2005
Tremonti ringhia e Anselmi piange
Dopo Massimo Franco e Massimo Giannini è toccato al direttore della Stampa, Giulio Anselmi, andare sulla graticola del rinato Giulio Tremonti. Cambia il salotto – da MATRIX a Porta a Porta – ma non cambia la capacità comunicativa del ministro dell’Economia che come un provetto political showman è sempre a proprio agio davanti telecamere e opinionisti difendendo punto per punto la qualità della manovra finanziaria appena varata dal governo. Nonostante ricopra la carica più delicata dell’esecutivo – e forse proprio per questo – Tremonti dimostra di sapere far cadere tutta la scienza infusa di direttori ed editorialisti che, bravissimi con la penna a scaricare colpe e ad individuare strategie alternative di governo, sembrano diventare lupi dai denti di carta quando hanno la possibilità di dibattere con chi in questo momento mettono quotidianamente al centro delle polemiche interne. Così ieri molto più all’altezza del confronto sono apparsi i politici dell’opposizione Tiziano Treu e soprattutto Mercedes Bresso che pur non lesinando critiche di parte – ma è il suo mestiere – ha saputo tener viva e interessante la discussione riconoscendo anche il buon senso di alcune novità di questa Finanziaria. Deludente invece Giulio Anselmi che serioso e ieratico ha ripetutamente proposto il suo sillogismo molto personale per il quale i tagli a regioni ed enti pubblici sarebbero sbagliati perché regioni ed enti pubblici – compresi alcuni di quelli guidati dal centrodestra – li rifiutano. L’obiezione è parsa talmente priva di spessore che il ministro non ha potuto fare a meno di definirla “francamente una domanda strampalata” mentre sullo sfondo la faccia ancora seriosa di Anselmi appariva a tutti sempre più ridicolmente seriosa. Fa specie come al vertice di un giornale così importante arrivi un giornalista così debole cui non resta che replicare: Tremonti è sempre Tremonti. Fa piacere invece ritrovare un Tremonti ringhioso davanti a questi confronti, mai a bocca asciutta come un vero politico di razza, senza peli sulla lingua nel definire “strampalata” la domanda di chi guida il quotidiano degli Agnelli. Continuo a pensare che con un ministro così bravo a riportare l’attenzione dei media sui contenuti della politica la Cdl possa giocare una carta importantissima.
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