Giusto per conservare in questo blog una testimonianza diretta di questa brutta faccenda linko Born to be free. Qui l’illuminante articolo di Lanfranco Vaccari chiamato ad intervistare Silvio Berlusconi per Terra. Ah Freedom House!
21 aprile 2006
20 aprile 2006
Industria in crescita: che bravo Prodi!
C’è chi impazzisce per l’Economista, chi stravede a intermittenza per il Financial Times, chi non si perde una previsione delle agenzie di rating, chi si aggrappa al FMI. Poi ci sono i numeri e da questi in genere parte chi vuole capire qualcosa degli andamenti economici e chi vuole cogliere il peso – sempre più scarso – che i governi possono esercitare su queste dinamiche. Per voi i dati Istat su fatturato e ordinativi della nostra industria:
Nel mese di febbraio 2006 l'indice del fatturato dell'industria, calcolato con base 2000=100 sul valore delle vendite espresse a prezzi correnti, è risultato pari a 108,6 segnando un incremento dell’8,1 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il fatturato è aumentato del 6,3 per cento sul mercato interno e del 12,7 per cento su quello estero.
L'indice degli ordinativi è risultato pari a 120,5, con una crescita tendenziale del 14,1 per cento. Gli ordinativi segnano un incremento del 15,3 per cento sul mercato interno e dell’11,3 per cento sul mercato estero.
Gli indici generali destagionalizzati del fatturato e degli ordinativi sono risultati pari, rispettivamente, a 111,4 e 112,4, presentando, nel confronto con il mese precedente, una variazione positiva dell’1,9 per cento, il primo, e del 4,3 per cento, il secondo.
L’unica cosa che mi skazza non poco è che adesso i media invertiranno il filtro e passeranno solo le analisi positive;)
Nel mese di febbraio 2006 l'indice del fatturato dell'industria, calcolato con base 2000=100 sul valore delle vendite espresse a prezzi correnti, è risultato pari a 108,6 segnando un incremento dell’8,1 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il fatturato è aumentato del 6,3 per cento sul mercato interno e del 12,7 per cento su quello estero.
L'indice degli ordinativi è risultato pari a 120,5, con una crescita tendenziale del 14,1 per cento. Gli ordinativi segnano un incremento del 15,3 per cento sul mercato interno e dell’11,3 per cento sul mercato estero.
Gli indici generali destagionalizzati del fatturato e degli ordinativi sono risultati pari, rispettivamente, a 111,4 e 112,4, presentando, nel confronto con il mese precedente, una variazione positiva dell’1,9 per cento, il primo, e del 4,3 per cento, il secondo.
L’unica cosa che mi skazza non poco è che adesso i media invertiranno il filtro e passeranno solo le analisi positive;)
19 aprile 2006
Perché i liberali non hanno seguito Capezzone
Se è vero che ogni partitino dell'Unione ha dato il suo contributo per scavalcare il Cavaliere dello 0,06%, è giusto tuttavia riconoscere ai radicali il merito di aver sparigliato le carte in tavola. Sono loro che nel 2001 erano infatti dall'altra parte e che ora, passando con Prodi, lo hanno guidato alla volta di Palazzo Chigi. Detto questo è innegabile che la prestazione elettorale della premiata ditta B&B (Bonino-Boselli) è stata, come quella di tutta l'Unione, al di sotto delle aspettative. Mentre sull'onda degli ormai famigerati exit pool Daniele Capezzone in diretta dava lezioni di liberalismo a Silvio Berlusconi già si contavano quelle poche centinaia di migliaia di voti che sgonfiavano il pallone creato dai media in questi mesi intorno alla Rosa nel Pugno.
Cosa è successo? Ancora una volta i radicali hanno disorientato quel potenziale elettorato che pure continua a guardarli con simpatia e che però non se l'è sentita di seguire Pannella nella sua ennesima girandola politica. I fremiti di questi giorni nell'Unione sono tutti lì a confermarlo. Dalle dichiarazioni di sufficienza di D'Alema, per il quale la Rnp è stata soltanto «un cartello elettorale», alle insofferenze della sinistra sindacalista verso la Legge Biagi, sui radicali e sui loro obiettivi politici cominciano a piovere ostacoli di ogni tipo. Le difficoltà per l'ultraliberismo laico di farsi strada in un non ancora definito governo Prodi furono del resto già evidenti in sede di preparazione del programma, quando B&B furono disinvoltamente estromessi dalla redazione del papocchio «Per il bene dell'Italia».
Si dice che i radicali sono andati a sinistra per veder premiate le battaglie etiche innanzitutto, ben sapendo che su quelle liberiste avrebbero dovuto lottare. Ma questa è una visione distorta, per non dire di comodo, della realtà. Nell'Unione tematiche come la procreazione assistita e i Pacs hanno fin da ora avversari altrettanto forti che nella Casa delle Libertà. La Margherita è infatti la seconda forza del centrosinistra e sul versante dei cosiddetti diritti civili sarà fiancheggiata dalla cattolicissima truppa mastellata. Non parliamo poi dell'idiosincrasia dei radicali per tutti i legacci che frenano il libero mercato, ordini professionali e baronie universitarie in primis.
Cosa farà la Bonino quando Prodi manifesterà l'intenzione di abolire la riforma dell'università e con essa il concorso nazionale, restaurando i privilegi di rettori e senati accademici? Daniele Capezzone ha criticato Berlusconi per non aver attuato la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, che però nell'Unione è considerata argomento tabù. O si aspetta che con Gerardo D'Ambrosio in Parlamento questa riforma possa diventare realtà? Insomma si possono capire - pur non condividendole in toto - le lamentele radicali sulla scarsa spinta liberale del governo Berlusconi, dopodiché toccherebbe ad Emma Bonino aiutarci a capire come questi ideali possono trovare soddisfazione nel programma del centrosinistra. Non sarebbe stato forse più proficuo per i liberali italiani compattarsi e lottare per una maggiore incisività all'interno del centrodestra? Non sarebbe stato il caso di inserirsi da protagonisti nella creazione del partito unico, puntando ad una rappresentanza di peso dei laici nel nuovo soggetto politico? Si obietta che i vertici di Forza Italia hanno chiuso le porte ai liberali concedendo gli spazi più importanti agli ex-democristiani ed ex-socialisti. Ma se così fosse non avrebbe avuto ancora più senso tenere ferme le posizioni, partendo dagli obiettivi tipicamente liberali tutt'altro che minimi centrati dall'esecutivo in questi anni?
Quale governo italiano è stato più liberale di quello presieduto da Silvio Berlusconi? Quale governo ha avuto il coraggio di sfidare potentati e sindacati, pur di attuare riforme strutturali di lungo periodo come quella delle pensioni o del mercato del lavoro? Capezzone si erge a maestro di liberalismo ma come può convincerci che troverà in Prodi l'alfiere delle sue battaglie? Forza Italia, piaccia o meno, rappresenta il riferimento politico irrinunciabile per i liberali italiani. Dai tempi della Destra storica il Paese non godeva di una forza politica così vicina agli insegnamenti di John Locke. Quando punzecchiato sul Foglio da Cristian Rocca il segretario dei radicali s'improvvisa epigono di Adam Smith e pretende di spiegare il fallimento della politica economica del governo puntando il dito sul diverso andamento della Spagna e contro le velleità anti-dumping di Giulio Tremonti, imbocca in pieno la via sinistra alla facile retorica e mostra d'ignorare le basi del funzionamento dell'economia globale e i suoi ingovernabili andamenti. Mostra d'ignorare, per esempio, quanto la Spagna stia ancora godendo dell'onda lunga di mirati interventi infrastrutturali avviati all'inizio degli anni '90 grazie ad un saggio utilizzo dei fondi europei che in Italia prima di Berlusconi non c'era mai stato.
Forza Italia ha raccolto in sé anche l'anima cattolica, è vero, ma questo non ha condotto il partito del Cavaliere ad una mera successione a piazza del Gesù. Semmai è vero il contrario. Accogliendo tra le altre anche la tradizione democristiana gli azzurri hanno confermato la loro aspirazione a costituire un grande partito laico, liberale e moderato. Un liberalismo che con la religione non entra in conflitto, ma dialoga, considerandola un aspetto imprescindibile della società. Lo stesso referendum sulla procreazione assistita non ha fatto del resto che confermare la vocazione liberale di Forza Italia, che ha lasciato esprimersi al suo interno punti di vista anche in netto contrasto tra di loro. Abbandonando la CdL semmai i pannelliani stessi si assumono la responsabilità di rinunciare a rafforzare la spinta liberale che nel centrodestra è tutt'altro che spenta. Anche sul versante dei Pacs i radicali hanno fatto finta di non vedere la possibilità tuttora esistente di far maturare all'interno del centrodestra un certo percorso di riconoscimento delle coppie di fatto.
Quello della Rnp insomma è apparso ai liberali come l'ennesimo capriccio, l'ennesimo tentativo di creare consenso sorprendendo con scelte eclatanti, scandalizzando, dimenticando che il folklore in politica suscita simpatia ma non porta consenso. Il serbatoio di Pannella è destinato a restare limitato ai giovani libertari, per i quali la bontà di un governo si giudica dal numero di spinelli che ti concede di portare in tasca, «15 sono pochi per carità Capezzone ha ragione!». Come poteva il voto liberale seguire il volo pindarico verso lo Sdi di Boselli, tutto impettito e timoroso, nel suo vuoto anticlericalismo? Come poteva l'esuberante voto libertario seguire compatto il soporifero linguaggio del professor Prodi che si barcamenava tra Ruini e Bertinotti? Ai nove deputati radicali gli auguri più sinceri.
Da Ragionpolitica del 19 aprile 2006
Cosa è successo? Ancora una volta i radicali hanno disorientato quel potenziale elettorato che pure continua a guardarli con simpatia e che però non se l'è sentita di seguire Pannella nella sua ennesima girandola politica. I fremiti di questi giorni nell'Unione sono tutti lì a confermarlo. Dalle dichiarazioni di sufficienza di D'Alema, per il quale la Rnp è stata soltanto «un cartello elettorale», alle insofferenze della sinistra sindacalista verso la Legge Biagi, sui radicali e sui loro obiettivi politici cominciano a piovere ostacoli di ogni tipo. Le difficoltà per l'ultraliberismo laico di farsi strada in un non ancora definito governo Prodi furono del resto già evidenti in sede di preparazione del programma, quando B&B furono disinvoltamente estromessi dalla redazione del papocchio «Per il bene dell'Italia».
Si dice che i radicali sono andati a sinistra per veder premiate le battaglie etiche innanzitutto, ben sapendo che su quelle liberiste avrebbero dovuto lottare. Ma questa è una visione distorta, per non dire di comodo, della realtà. Nell'Unione tematiche come la procreazione assistita e i Pacs hanno fin da ora avversari altrettanto forti che nella Casa delle Libertà. La Margherita è infatti la seconda forza del centrosinistra e sul versante dei cosiddetti diritti civili sarà fiancheggiata dalla cattolicissima truppa mastellata. Non parliamo poi dell'idiosincrasia dei radicali per tutti i legacci che frenano il libero mercato, ordini professionali e baronie universitarie in primis.
Cosa farà la Bonino quando Prodi manifesterà l'intenzione di abolire la riforma dell'università e con essa il concorso nazionale, restaurando i privilegi di rettori e senati accademici? Daniele Capezzone ha criticato Berlusconi per non aver attuato la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, che però nell'Unione è considerata argomento tabù. O si aspetta che con Gerardo D'Ambrosio in Parlamento questa riforma possa diventare realtà? Insomma si possono capire - pur non condividendole in toto - le lamentele radicali sulla scarsa spinta liberale del governo Berlusconi, dopodiché toccherebbe ad Emma Bonino aiutarci a capire come questi ideali possono trovare soddisfazione nel programma del centrosinistra. Non sarebbe stato forse più proficuo per i liberali italiani compattarsi e lottare per una maggiore incisività all'interno del centrodestra? Non sarebbe stato il caso di inserirsi da protagonisti nella creazione del partito unico, puntando ad una rappresentanza di peso dei laici nel nuovo soggetto politico? Si obietta che i vertici di Forza Italia hanno chiuso le porte ai liberali concedendo gli spazi più importanti agli ex-democristiani ed ex-socialisti. Ma se così fosse non avrebbe avuto ancora più senso tenere ferme le posizioni, partendo dagli obiettivi tipicamente liberali tutt'altro che minimi centrati dall'esecutivo in questi anni?
Quale governo italiano è stato più liberale di quello presieduto da Silvio Berlusconi? Quale governo ha avuto il coraggio di sfidare potentati e sindacati, pur di attuare riforme strutturali di lungo periodo come quella delle pensioni o del mercato del lavoro? Capezzone si erge a maestro di liberalismo ma come può convincerci che troverà in Prodi l'alfiere delle sue battaglie? Forza Italia, piaccia o meno, rappresenta il riferimento politico irrinunciabile per i liberali italiani. Dai tempi della Destra storica il Paese non godeva di una forza politica così vicina agli insegnamenti di John Locke. Quando punzecchiato sul Foglio da Cristian Rocca il segretario dei radicali s'improvvisa epigono di Adam Smith e pretende di spiegare il fallimento della politica economica del governo puntando il dito sul diverso andamento della Spagna e contro le velleità anti-dumping di Giulio Tremonti, imbocca in pieno la via sinistra alla facile retorica e mostra d'ignorare le basi del funzionamento dell'economia globale e i suoi ingovernabili andamenti. Mostra d'ignorare, per esempio, quanto la Spagna stia ancora godendo dell'onda lunga di mirati interventi infrastrutturali avviati all'inizio degli anni '90 grazie ad un saggio utilizzo dei fondi europei che in Italia prima di Berlusconi non c'era mai stato.
Forza Italia ha raccolto in sé anche l'anima cattolica, è vero, ma questo non ha condotto il partito del Cavaliere ad una mera successione a piazza del Gesù. Semmai è vero il contrario. Accogliendo tra le altre anche la tradizione democristiana gli azzurri hanno confermato la loro aspirazione a costituire un grande partito laico, liberale e moderato. Un liberalismo che con la religione non entra in conflitto, ma dialoga, considerandola un aspetto imprescindibile della società. Lo stesso referendum sulla procreazione assistita non ha fatto del resto che confermare la vocazione liberale di Forza Italia, che ha lasciato esprimersi al suo interno punti di vista anche in netto contrasto tra di loro. Abbandonando la CdL semmai i pannelliani stessi si assumono la responsabilità di rinunciare a rafforzare la spinta liberale che nel centrodestra è tutt'altro che spenta. Anche sul versante dei Pacs i radicali hanno fatto finta di non vedere la possibilità tuttora esistente di far maturare all'interno del centrodestra un certo percorso di riconoscimento delle coppie di fatto.
Quello della Rnp insomma è apparso ai liberali come l'ennesimo capriccio, l'ennesimo tentativo di creare consenso sorprendendo con scelte eclatanti, scandalizzando, dimenticando che il folklore in politica suscita simpatia ma non porta consenso. Il serbatoio di Pannella è destinato a restare limitato ai giovani libertari, per i quali la bontà di un governo si giudica dal numero di spinelli che ti concede di portare in tasca, «15 sono pochi per carità Capezzone ha ragione!». Come poteva il voto liberale seguire il volo pindarico verso lo Sdi di Boselli, tutto impettito e timoroso, nel suo vuoto anticlericalismo? Come poteva l'esuberante voto libertario seguire compatto il soporifero linguaggio del professor Prodi che si barcamenava tra Ruini e Bertinotti? Ai nove deputati radicali gli auguri più sinceri.
Da Ragionpolitica del 19 aprile 2006
Il vero programma è la spartizione della torta statale
“Saremo la forza più leale della coalizione e più rigorosa nel chiedere l'applicazione del programma”. Lo assicura il buon Alfonso Pecoraro Scanio facendo finta di non sapere quanto vuoto sia il piano enciclopedico “Per il bene dell’Italia”. Come faranno gli elettori a sapere se chi si batte per la Tav nel centrosinistra è in linea con l’inesistente programma o con i suoi interessi? Viene il sospetto che chiedere l’applicazione del programma significhi semplicemente non far saltare il banco e con esso tutta la torta che Prodi cercherà di spartire equamente.
Financial sì, Financial no
Consiglio illuminante quello di Filippo Facci sul Giornale di oggi. Quando la sinistra e i mass media italiani che le fanno da corollario la smetteranno d’incensare ogni scoreggia scritta oltre confine, ne guadagneremo tutti in capacità d’analisi.
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