In settimane in cui i sinistri quotidiani non si stancano di stigmatizzare il sorpasso del nostro paese sul Botswana nella classifica Wef sulla competitività, arriva il giudizio dell’ad di Microsoft Italia che sarà anche interessato ma non certo all’inerzia nelle politiche innovative. Ecco le dichiarazioni raccolte dall’Adnk:
''Per il futuro ci auguriamo che la sensibilita' sia tale da fornire sia al Ministero che alle imprese italiane, quegli incentivi e quei fondi che sono necessari per fare grandi progetti nel mondo dell'information technology''. Lo ha detto Marco Comastri, amministratore delegato di Microsoft Italia, nel commentare le politiche innovative e tecnologiche del Governo in questi ultimi cinque anni. ''Sono stati fatti passi in avanti estremamente importanti -sostiene Comastri- in primo luogo e' stato creato un Ministero che si e' dedicato alla tecnologia informatica, che ha operato nella direzione di fornire servizi tecnologici agli italiani, semplificando la loro vita. Lo ha fatto anche muovendosi in un ambiente che non ha fornito una quantita' di investimenti adeguata alle esigenze''. Infine Comastri ha commentato il recente via libera al decreto Stanca, che introduce il concetto di certificazione per la posta elettronica. ''E' senza dubbio una cosa positiva la standardizzazione e' l'elemento che permette una maggiore diffusione della tecnologia informatica. Nel caso della posta elettronica avere una certificazione che aiuta a scambiarsi i messaggi con standard definiti, porta sicuramente dei vantaggi. In questo senso abbiamo operato con le Poste Italiane, realizzando un progetto molto importante, ossia la 'raccomandata on-line', attraverso la quale ogni cittadino italiano puo' mandare una raccomandata senza spostarsi da casa''.
23 febbraio 2006
Samarra ci urla la complessità l’Islam
La triste distruzione della moschea sciita a Samarra in Iraq da parte di estremisti sunniti è l’ennesima dimostrazione delle divisioni che lacerano dall’interno il mondo islamico. L’attentato ci aiuta a capire una volta di più la complessità della questione musulmana, le difficoltà a pianificare una strategia di confronto con una realtà che non ha un’autorità politica univoca in grado di controllare la situazione. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a questa criticità. Gli attentati interni al mondo arabo sono un fattore che deve pesare alla stessa stregua degli attentati contro gli occidentali. Quest’impostazione non collide con quanti chiedono ai nostri governi di alzare la voce con chi guida gli stati musulmani ma aiuta però a comprendere la difficoltà del percorso di pace. Fino a quando in quei paesi non si svilupperà la consapevolezza necessaria a capire che la religione è soltanto la leva con cui pochi cercano di aizzare la moltitudine l’Occidente vivrà sempre con la minaccia di reazioni sconsiderate. La circolazione delle idee, il confronto interculturale e quindi la crescita nel mondo islamico di una nuova generazione più aperta al riconoscimento reciproco dei valori sono le strade irrinunciabili di una saggia strategia diplomatica. Dobbiamo restare inermi davanti alla violenza? Assolutamente no. I nostri stati devono reagire duramente ad ogni forma di terrore innanzitutto promuovendo misure di repressione preventiva del fanatismo religioso nei nostri confini. Gli immigrati che vivono in Occidente devono essere il nostro tramite privilegiato che ancora più dei leader musulmani può far maturare in Oriente una visione diversa del rapporto col mondo cristiano. E qui da noi che possiamo e dobbiamo cominciare a gettare le basi di una convivenza equa, paritaria, riconoscendo da un lato il loro diritto a coltivare il proprio culto dall’altro pretendendo un assoluto rispetto per i nostri valori religiosi, culturali e soprattutto democratici.
22 febbraio 2006
Rapporto Almunia: quello che il Corriere non vede
Oggi il Corrierone di Mieli, che punta sempre più a prendere nel cuore della Cdl il posto di Repubblica, si scatena nel proporre uno scenario catastrofico per la nostra economia, imputabile ovviamente alle scelte mancate o sbagliate del governo. La tecnica ormai è la stessa. Si parte da un dato, un’analisi a volte fondata a volte molto aleatoria, e intorno s’imbastisce un attacco frontale contro l’esecutivo di Silvio Berlusconi. Oggi Via Solferino ha pensato bene di approfittare della revisione del trend di crescita da parte di Bruxelles resa nota nella giornata di ieri dal commissario Almunia. Il dato che cosa dice? L’Ue cresce più di quanto si prospettava in autunno ma questo non vale per l’Italia che evidentemente per altri fattori vede il suo trend, comunque in crescita, ribassato dall’1,5% all’1,3. La revisione del nostro tasso di crescita certamente non è positiva ma la nuova proiezione è davvero così nera? I critici del governo notano che essa non riguarda gli altri grandi stati europei ma in realtà questa è una visione parziale dell’andamento delle economia del continente. Ormai dovrebbe essere assodato che l’Italia ha pagato più degli altri soci del club Ue la congiuntura negativi di questi anni. Lo stesso Piero Fassino ieri nel salotto di Vespa ha riconosciuto per la prima volta come le nostre difficoltà derivino dalla struttura della nostra imprenditoria e non dal governo che comunque per il segretario della Quercia sarebbe ovviamente responsabile per l’inerzia nella politica dell’innovazione. Insomma in Europa la nostra economia e quella tedesca in cui è trainante la produzione industriale hanno accusato maggiormente la concorrenza, spesso sleale non dimentichiamolo, dell’India e della Cina. L’Italia, anche questo ormai dovrebbe essere chiaro, avendo una forte presenza di industria a bassa e media tecnologia è stata letteralmente travolta dal ciclone asiatico. È colpa del governo? È colpa di Berlusconi se le nostre scarpe e le nostre pelli non sono manufatti high-tech? Cosa avrebbe dovuto fare il governo? Proporre i microchip per le scarpe col climatizzatore incorporato? Non è tutto. A sostegno della tesi catastrofista e ipercritica contro il centrodestra il Corrierone ci propina la scadente analisi sulla competitività del Wef, intitolata “Classifica globale della competitività”, quella per intenderci che ci pone al livello del Botswana. Ma è affidabile questo studio? Sapete chi ha condotto l’analisi in Italia? I ragazzi della Bocconi. Sapete di che tipo di rivelazione si tratta? Perlopiù soft-data, ossia la percezione degli imprenditori italiani sull’andamento della nostra economia. Capite si fa passare per analisi obiettiva un’inchiesta sulle impressioni dei manager italiani della competitività del nostro paese rispetto agli altri. Immaginate qual è l’attendibilità di simili interviste ai manager cinesi per esempio. La domanda è: visto che si parte dal rapporto sulla crescita preparato dalla Commissione Ue perché non prendere una delle numerose analisi dell’Eurostat? Forse perché queste indicano che il trend dell’Italia in materia d’innovazione cresce più della Svezia? Ancora un obiezione. Al Corriere qualcuno si sarà preso la briga di andare a leggere il comunicato di Joaquín Almunia che accompagna i dati sfornati ieri? Sembrerebbe di no, visto che sul quotidiano non si accenna ad una dichiarazione specifica contenuta nell’analisi sul nostro paese che già anticipa come nonostante le nuove previsioni la manovra correttiva dello scorso dicembre dovrebbe riuscire a garantire la stabilità evitando che per il 2009 il rapporto deficit/PIL sfondi il tetto del 3%. Sempre nel comunicato di ieri inoltre la commissione di Almunia riconosceva come tra le cause della minore prospettiva di crescita italiana vi sono gli aumenti previsti per il 2006 sul greggio, fattore che per ovvie ragioni – leggi nucleare – pesa sull’Italia più che sugli altri paesi europei e che di cui non si può parlare dal momento che non è imputabile al governo. A conferma di ciò è arrivata questa mattina la nota di Bruxelles sulla situazione specifica dell’Italia:
Il programma di stabilità si basa su uno scenario macroeconomico plausibile, che prevede una crescita del PIL nel 2006 e nel 2007 in linea con le previsioni dei servizi della Commissione dello scorso novembre. La leggera revisione al ribasso della crescita del PIL dell’Italia per il 2006 contenuta nelle previsioni intermedie pubblicate ieri (dall’1,5% all’1,3%) non modifica significativamente la valutazione del programma.
Gli obiettivi di bilancio del programma, se raggiunti, garantirebbero un margine di sicurezza sufficiente per prevenire sfondamenti del valore di riferimento del 3% del PIL a partire dal 2009. Tuttavia l’obiettivo di medio termine non sarà raggiunto entro la fine del periodo oggetto del programma, né per tale obiettivo viene indicata un’altra scadenza.
Il programma di stabilità si basa su uno scenario macroeconomico plausibile, che prevede una crescita del PIL nel 2006 e nel 2007 in linea con le previsioni dei servizi della Commissione dello scorso novembre. La leggera revisione al ribasso della crescita del PIL dell’Italia per il 2006 contenuta nelle previsioni intermedie pubblicate ieri (dall’1,5% all’1,3%) non modifica significativamente la valutazione del programma.
Gli obiettivi di bilancio del programma, se raggiunti, garantirebbero un margine di sicurezza sufficiente per prevenire sfondamenti del valore di riferimento del 3% del PIL a partire dal 2009. Tuttavia l’obiettivo di medio termine non sarà raggiunto entro la fine del periodo oggetto del programma, né per tale obiettivo viene indicata un’altra scadenza.
Anche Mastella canta!
Invito chi ama le chicche di Mastella a fare un salto sul sito rinnovato dell’Udeur per ascoltare il fantastico inno del Campanile. Altro che Forza Italia! “Udeur verrà, Udeur verrà, Udeur verrà, una nuova realtà!”
21 febbraio 2006
Chi critica Calderoli è un integralista?
Non capisco questa necessità su TV di sottolineare continuamente la ovvia maggiore gravità degli attentati del fanatismo islamico rispetto alle calderolate di questi giorni. Non capisco perché uno che vuole dare del coglione ad un ministro perché ha fatto delle sparate codarde e propagandistiche debba passare per uno che vuole difendere la ragionevolezza dei tumulti di Bengasi. Non capisco perché si dice che Calderoli abbia avuto il merito di farci aprire gli occhi sui rischi per la nostra libertà d’espressione quando è più di un mese che è scoppiato il caso delle vignette danesi. Non capisco che cosa ci si aspetta quando si parla di rispondere in modo corrispondente, forse che una nostra brigata vada in giro per Damasco ad incendiare moschee? Io sono d’accordo in pieno sulla necessità di porre dei paletti a quello che per noi è inaccettabile. Sono d’accordo sull’esigenza di reagire in modo fermo contro chi mostra titubanza nel contrastare ogni rigurgito anti-cristiano, però non è che oggi scopriamo d’improvviso l’acqua calda della discriminazione nei confronti dei cristiani nei paesi musulmani. Chi fa questo discorso viene tacciato di mancanza di lucidità nell’analisi ed invece si tratta di puro e semplice realismo. La collaborazione con governi come quello di Tripoli conviene, anche se non è esaltante, perché abbiamo visto come è stata sedata immediatamente la rivolta in Cirenaica. Qui nessuno mette in dubbio che ci vuole una grande pazienza per calcare le strade dell’incontro ma qualcuno per piacere mi spieghi oltre la condivisibile rabbia, per la reazione sconsiderata degli integralisti, qual è l’alternativa percorribile per limitare il ricorsa alla violenza?
20 febbraio 2006
Calderoli, la stupidità al governo
Coltivo da quando avevo 15 anni una visione politica del mondo da destra. Senza iscrivermi mai a nessun partito ho studiato con interesse il variegato mondo della cultura di destra, le sue radici, i suoi “ismi” spesso l’un contro l’altro armati. Non posso accettare oggi che la difesa dell’identità, della mia identità passi attraverso gente come il ministro Roberto Calderoli. Mi fa specie che oggi non si possa fare a destra un discorso pacato sulla grave questione islamica senza rischiare di essere additati come anti-americani o filo-integralisti. Rivendico da destra il diritto di esprimere con forza il mio sostegno ad una politica internazionale che valorizzi la storia dell’Italia e il suo ruolo geopolitico nel Mediteranno. Rivendico al mio Paese quella posizione di Ponte con l’Oriente che gli illustri orientalisti italiani pur con sfumature contrastanti hanno sempre riconosciuto come la più valida e coerente. L’Occidente può essere più forte solo se nel suo interno alcune nazioni sapranno coltivare più di altri la via del dialogo, del confronto che non è la via dell’accondiscendenza tout court ma neppure quella delle armi, senz’altro le armi. Calderoli non ha la cultura politica richiesta ad un rappresentante del governo italiano. Non rappresenta la disponibilità a comprendere una sensibilità religiosa diversa dalla nostra propria dell’Italia. Sì, è verissimo in molti paesi islamici i cristiani non vedono riconosciuti diritti fondamentali, ma cosa dovrebbe comportare questo? Dovremmo forse buttare secoli di cultura giuridica e di tolleranza, principi cardine nell’impero romano e quindi nella nostra storia? Dovremmo adeguare il nostro comportamento al loro? La mia identità non viene difesa da una vignetta che sfotte i musulmani semmai da una politica ferma nel perseguire un’apertura sempre maggiore da parte dei governi della mezza luna alle nostre istanze. Coraggioso non è chi come Calderoli superscortato e su una comoda poltrona fa sfoggio di una T-shirt. Coraggioso e utile è la presenza dei nostri militari di pace in quelle regioni, dei sacerdoti senza armi che si confrontano con quel mondo e il cui operato viene stupidamente compromesso dalle cazzate di un ministro indegno.
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