24 settembre 2005

Fini VS Casini = Serietà VS Vanità

Le differenti reazioni di Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini all’apertura del Polo sulle primarie palesa lo spessore politico e l’affidabilità dei due personaggi. Il presidente della Camera, come uno scolaretto invitato a fare il rappresentante di classe, dinanzi alla prospettiva di candidarsi contro Berlusconi davanti alla telecamere ha malcelato dietro un sorriso la vanità che gli è propria e attorno alla quale si è costruito questa immagine di uomo delle istituzioni autorevole. Fini, da politico avvezzo a rispondere con argomentazioni solide al proprio elettorato, ha sottolineato soltanto l’importanza di discutere della premiership escludendo l’eventualità di una sua candidatura alle primarie che ritiene sfacciatamente incoerente col sostegno dato a Berlusconi in questi anni. Qualcuno osserverà che forse Fini è solo più furbo, forse è vero. Ma nella politica attuale lo stile di certe dichiarazioni pesa come un macigno sul consenso popolare. È chiaro che il ministro degli Esteri accetterà di mettersi in gioco soltanto con il sostegno di Berlusconi e mai contro di lui.
L’Italia non presenta ancora a mio avviso un contesto adatto per realizzare primarie serie. Abbiamo un tessuto politicamente partitico ed è naturale che chi guida il partito più forte guidi la coalizione. L’anomalia è Prodi, la sua candidatura malvista dall’elettorato di sinistra e dallo stessa Margherita nata intorno a lui. La Cdl non dovrebbe rincorrere l’Unione in questa tragicommedia delle primarie all’italiana. Il Polo è nato e cresciuto intorno alla figura di Silvio Berlusconi e lui soltanto può proporre un eventuale nuovo leader agli elettori di centrodestra.

23 settembre 2005

L’economia liberale di Tremonti

Non credo sia esatto dire, come scrive oggi Henry, che con la scelta di Tremonti il governo si allontana da un economia liberale. Innanzitutto bisognerebbe capire cosa s’intende per economia liberale. La storia economica dimostra che ormai certe categorie sono obsolete, insufficienti a riassumere un approccio unico e inequivocabile. Gli Usa, che vengono giustamente considerati leader nella promozione del libero mercato, non hanno lesinato misure protezionistiche ai danni dell’Ue (il cosiddetto zeroing su cui peraltro Bruxelles ha aperto un’inchiesta) sui mercati dell’acciaio, della chimica e degli alimentari. Attualmente le stesse misure sono attuate in parte nei confronti della Cina senza che questo sollevi alcuno scandalo. Questo significa che gli Usa non hanno un’economia liberale? Non credo al massimo si può convenire sul fatto che il liberismo puro e non il liberalismo politico non sia più così attuale(. Piuttosto uno stato liberale è pronto a considerare le diverse opzioni percorribili di fronte ai differenti scenari economici che possono aprirsi. La crescita straordinaria di Cina ed India nel nostro caso richiede interventi straordinari di difesa legittima della nostra economia non per avere un profitto sempre maggiore ma per salvaguardare la nostra stabilità interna in un momento di trasformazione dell’economia globale. Se poi vogliamo dirla tutta perché l’Italia dovrebbe attenersi a queste regole del libero mercato e la Cina non dovrebbe fare altrettanto sul rispetto dei diritti umani? Come dissi in un interessante dibattito aperto sul IlCastello francamente non credo che misure mercantilistiche possano risolvere i nostri problemi economici fosse solo perché la forza dei cinesi è il loro mercato interno, arma diabolica in un contesto scarsamente democratico come il loro. Resta il fatto che in un momento in cui il nostro Paese rappresenta il competitor più debole perché dotato di una struttura imprenditoriale basata su manufatti di livello tecnologico medio basso, dal tessile agli elettrodomestici proteggerci è doveroso per chi governa considerare tutti i possibili interventi.

22 settembre 2005

Berlusconi abbatte Fazio

Due piccioni con una conferenza stampa. Forse la sveglia è finalmente arrivata. In conferenza stampa Berlusconi presenta Tremonti 2 e silura Fazio. Era ora! Unico neo al FMI faremo la nostra ennesima “bella figura”.

Con Tremonti l'economia ritorna alla politica

Il ritorno di Tremonti va salutato come un cambio di rotta non da poco, la politica vera del centrodestra torna nel dicastero più importante. Ora sono curioso di vedere come Giulio si muoverà. Da un lato i suoi avversari di sempre avranno meno argomentazioni contro di lui – visto che l’hanno rimpiazzato con un impiastro – dall’altro mi aspetto dal nuovo ministro la carica propria di chi viene richiamato a dar nuova linfa ad un progetto dal quale era stato, non tanto garbatamente, allontanato. Che questa telenovela del ministero dell’Economia serva da lezione a chi s’illude di trovare nei professori senza coglioni la soluzione dei nostri problemi! Perché il rientro di Tremonti è una bella notizia di sicuro ma adesso come lo spieghiamo dopo averlo fatto fuori poco più di un anno fa? Infortunio all’adduttore destro?

RITORNA TREMONTI

“Cambiare tutto per non cambiare nulla”. Tremonti ritorna a Via XX settembre. Ottima scelta davvero solo mi chiedo: quindi in quest’ultimo anno il governo ha sbagliato tutto!!!

Siniscalco: quando scegliere la squadra fa la differenza

Il passo indietro di Siniscalco puzza tanto. Fazio, la finanziaria, le motivazioni del ministro dimissionario paiono solidissime ma quale ministro dell’Economia non ne avrebbe sempre a disposizione? Con quale senso di responsabilità abbandonare la carica ad 8 giorni dalla presentazione della legge più importante dello stato in un momento così delicato? La responsabilità forse che è propria ad un “ministro tecnico” e su questo Silvio dovrebbe riflettere.
Le dimissioni del superministro dell’Economia sono un colpo durissimo per la maggioranza ed anche chi come me ha sempre ritenuto non fosse ancora tardi per suonare la carica è sconfortato. Le file degli astensionisti si allargheranno ulteriormente. Tra le capacità fondamentali di un leader di governo vi è quella di riuscire a scegliere, pur tra le mille spinte dei partiti, i collaboratori giusti, competenti e fidati. Siniscalco lo è stato? Non credo. L’ormai ex-titolare di Via XX Settembre non ha mai dato al governo quella immagine di forza e di convinzione che si richiede ad un ministro dell’Economia, non ha mai dato a nessuno della maggioranza la sensazione di essere senza dubbio uno dei nostri. Siniscalco è rimasto in questi mesi un ministro tecnico in un governo politico. Le sua mancanze sono legate alla sua estrazione dai vertici della burocrazia di palazzo eppure dovrebbe essere ormai chiaro il rischio che si corre reclutando nell’esecutivo un personaggio che non ha fatto campagna elettorale. Quello che ho sempre rimproverato a Siniscalco è stato lo scetticismo che sempre trapelava nei suoi interventi pubblici in merito alle misure che lui stesso concordava con i vertici della maggioranza. Come si può dare coraggio all’economia nazionale se il suo responsabile politico non mostra entusiasmo, fiducia, voglia di rivalsa. Siniscalco è un professore si dirà. Allora lasciamoli a casa questi professori che già hanno rotto troppo nelle aule universitarie. Lasciamo che coltivino il loro moderatismo nei senati accademici che hanno contribuito ad ammuffire le menti di questo Paese.

SINISCALCO VA VIA…FAZIO RESTA

Silvio gli “attributi” dove sono?

20 settembre 2005

Ruini&Pacs: due libertà da garantire

Sono da tempo favorevole ai Pacs convinto che il riconoscimento di questa libertà non limiti il diritto degli altri cittadini. Al tempo stesso però non riesco a considerare un’indebita ingerenza i richiami dei rappresentanti della Chiesa ad una conservazione dello status quo in regime di unioni. Signori questo è lo stato liberale! Ognuno manifesta le proprie idee, la propria visione del mondo e gli altri sono liberi di ascoltarla, criticarla o seguirla. Mi si dirà il Concordato! Ma il concordato vieta l’ingerenza del Vaticano non la partecipazione di cittadini cattolici alla vita pubblica, ci mancherebbe altro! Camillo Ruini per lo Stato italiano, prima di qualsiasi eccellenza, è un cittadino con il diritto ad esprimersi secondo il proprio credo, le proprie idee su come mandare avanti la nostra Italia che è un po’ anche il suo Paese. È strambo come in un epoca in cui ai vertici dei governi giungono istanze di ogni tipo, molto spesso in modo oscuro e sotto la spinta di pressioni poco nobili, si sia ancora così ingenui da spaventarsi della lobby cattolica. Eppure non mi sembra sia vietato ai rappresentanti di associazioni come i sindacati o la confindustria esprimere le proprie divergenze rispetto ad una scelta politica. È un paradosso? Forse ma consideriamo che questi esponenti non hanno alcuna legittimazione popolare e rappresentano gli interessi di una parte a volte molto ristretta della società, strutturati tra l’altro in organizzazioni che - a dispetto della sempre invocata Costituzione - non si sono mai costituiti come persone giuridiche. Come le associazioni anche la Chiesa mi sembra rappresenti una ruota importante del vivere civile di questo Paese. E poi anticlericali ante-litteram scusatemi ma perché anziché contestare le legittimità degli interventi dei monsignori non accettate la diatriba e argomentate le vostre tesi ribattendo punto per punto quelle cattoliche? Sappiate che mi troverete dalla vostra parte.

19 settembre 2005

Il peso della politica internazionale sull’incognita elezioni

Il segnale più importante che arriva dal voto tedesco non riguarda il sistema elettorale ma la sempre minore attendibilità dei sondaggi politici. Negli ultimi anni le previsioni sulle elezioni politiche in diversi paesi hanno infilato una serie impressionante di flop che induce quasi a pensare ad un effetto boomerang di certe analisi pre-elettorali. Ovunque sì è andati incontro ad esiti inattesi e a volte le previsioni precedenti di un anno la chiamata alle urne sono state completamente capovolte come negli USA o in Germania. Ma casi simili si erano già verificati in Spagna, con la vittoria a sorpresa di Zapatero, e in Francia con Le Pen al ballottaggio e l’imprevista bocciatura della costituzione europea al referendum. Anche in una realtà così lontana come quella giapponese i malaugurati sondaggi hanno finito per portar bene al primo ministro Koizumi che aveva scelto la via voto per ottenere il sostegno popolare alle sue spinte riformiste.  Il moltiplicarsi dei casi impone un’analisi che cerchi di spiegare l’inaffidabilità dei sondaggi. Sembra un paradosso più si va avanti, più il progresso scientifico risulta inefficiente a  sondare come ragioniamo di fronte alle scelte politiche. Certamente dietro il ripetersi di certe defaiance delle indagini pre-elettorali in contesti così diversi c’è l’incertezza diffusa della popolazione di un Occidente che si sente sempre più inerme di fronte alle sfide del presente. La globalizzazione sta rendendo il pianeta sempre più piccolo, le interazioni tra un paese e l’altro sono sempre più frequenti e i grandi temi di politica internazionali spostano di continuo il consenso da una parte all’altra. Accanto al terrorismo di matrice islamica molti altri nodi contribuiscono ad influenzare la politica interna dei nostri paesi il tasso impressionante di crescita di Cina ed India, i processi di aggregazione internazionali tra i diversi stati, l’equilibrio ambientale mondiale, la povertà nel terzo mondo. Sempre più queste problematiche sono in grado d’influenzare l’elettorato spingendo in particolare le sempre larghe fasce di astensionisti a prendere posizione. La molla in genere è la paura ora di difendere la propria nazione (guerra preventiva), ora la sovranità nazionale (no a costituzione europea), ora la propria economia (sì a politiche protezionistiche). Anche in Italia le vicende internazionali ed europee in particolare avranno un peso determinante nella tornata elettorale della prossima primavera e probabilmente buona parte della partita per Palazzo Chigi i candidati premier se la giocheranno su politiche europee (euro, costituzione e allargamento) e rapporto con gli Usa. Credo come molti che l’esito di queste elezioni, così importanti per il destino del nostro Paese, non sia ancora stato deciso, sbaglia chi nel Polo continua a recitare il de profundis del saccente rassegnato. La Cdl ha ottime carte ancora da giocare ma, per farlo fino in fondo, deve mettere in soffitta le cassandre di turno e puntare tutto su una comunicazione convinta dei buoni risultati raggiunti, della tenuta sostanziale della nazione in un epoca di stravolgimenti internazionali, della spinta che nonostante tutto il governo ha saputo dare con l’apertura di cantieri, le sovvenzioni per l’innovazione, la riforma del mercato del lavoro. Se Follini vuol continuare a piangere si accomodi fuori, non può convincere gli altri chi non è convinto del lavoro che ha svolto e sostenuto per sei anni.

La lezione tedesca non boccia “il proporzionale”

Le elezioni tedesche senza né vincitori né vinti hanno inevitabilmente inciso sul dibattito in corso in Italia su un modifica in senso proporzionale del nostro sistema elettorale. Un parallelismo come sempre è possibile ma con gli opportuni distinguo senza voler a tutti costi leggere nel voto in Germania una bocciatura senza appello dell’apertura al proporzionale in Italia come lascia intendere Mario Sechi. A ben guardare infatti le elezioni tedesche sono un ottima riprova delle peculiarità che dovrebbero accompagnare un nuovo proporzionale italiano. L’incertezza tedesca ha una sola causa l’assenza del premio di maggioranza che nelle nostre elezioni regionali si realizza attraverso il listino del candidato governatore. Lo ha chiarito molto bene anche Clemente Mastella in un’intervista comparsa oggi su Affari Italiani col quale una volta tanto sono d’accordo. Certo quasi d’accordo! Se non fosse che il mastellone resta contrario allo sbarramento che impedirebbe al suo Campanile i continui giochini di poltrone con i quali in Campania tiene in scacco di continuo Bassolino, ovviamente!