08 settembre 2006

Francazzismo sessantottino, un mito imbecille


Secondo Sergio Romano (su Panorama) sarebbe ora che anche in Italia si aprisse un dibattito sugli effetti deleteri del '68. Ma qui da noi non vedo Sarkosy all’orizzonte. Ed è difficile immaginarsi un simile passo con questa maggioranza per cui quel periodo rappresenta ancora un sancta sanctorum inattaccabile.

Bionda, bella bionda


Michele Santoro ritorna in TV e per l'occasione sfoggia il suo nuovo look biondo. A fargli compagnia ci sarà anche Beatrice Borromeo, che non è semplicemente la nipote di Marta Marzotto (come scrive oggi il Corriere) ma la cognata di John Elkaan. Bentornato a questo giornalista di sinistra pronto a far le pulci ai poteri forti.

07 settembre 2006

Preghiera per la notte bianca


San Peroscopo ti prego, siamo ancora in tempo per regalarci ancora una notte bianca inzuppata. Ancora in tempo perchè il cielo rida delle kazzate fino alla scoperta dell'alba.

Follini scoreggia ancora


Boccuccia a culo di gallina torna a sparare cagate. Oggi sul Corriere manifesta il suo dissenso per l’editoriale con cui Sergio Romano richiamava Silvio Berlusconi ai propri doveri di leader dell’opposizione. Per quanto gli bruci ancora – e solo il cielo sa quanto possa bruciare il culo di una gallina – Marco Follini dovrebbe finalmente realizzare che la rimonta della Cdl avvenne proprio quando Silvio mandò a quel paese gente ambigua come. Marcuzzo ancora vaneggia di un centrodestra inesistente, di poli da rifondare senza avere peraltro il coraggio di parlare apertamente del suo progetto centrista che prevede la riunificazione dei dioscuri e la discesa di un altro saccente come Mario Monti. Ma chi è questo carneade democristiano? Come osa dettar legge all’unica persona in grado in questi anni di tener testa al regime della sinistra?

06 settembre 2006

Solo Silvio può rigenerare Forza Italia


Fin troppo scontato parlare ora di quello che non va in Forza Italia. Fin troppo facile a conti fatti individuare ora cause e responsabilità. Dov’erano tutti questi maghi dell’organizzazione politica quando un anno e mezzo fa la sconfitta del centrodestra sembrava già segnata? Ora tutto d’un tratto si riscopre l’importanza, direi la crucialità, di rilanciare la discussione, di dare slancio a nuove energie.
Il punto dal quale partire non può non essere il risultato del 9 aprile e la maratona berlusconiana che l’ha prodotto. Nonostante il folle disinteresse per la comunicazione politica protrattosi durante l’attività di governo, dal dicembre del 2005 al marzo 2006, abbiamo assistito a quattro mesi di rimonta esaltante che solo per qualche stupida disattenzione non ha raggiunto l’obiettivo di una nuova vittoria. Se dunque da sempre ho gridato a Silvio di Convincermi a Non farmi astenere più perché tutt’intorno a lui era un affollarsi di piccoli uomini, ora non ritengo fruttuoso far finta di partire da zero. Partiamo invece dal 9 aprile, ma non per crogiolarci di un consenso consolidato al centrodestra. Partiamo dal 9 aprile per capire cos’ha risvegliato il sostegno degli italiani al centrodestra e su quell’onda lunga che possiamo ritrovare nuova linfa.

Il ruolo di Silvio Berlusconi resta fondamentale, non perché lo voglia lui o lo desideri io, ma perché il centrodestra italiano nasce intorno a questa figura. Ma ora possiamo ancora scommettere sul Cavaliere a Palazzo Chigi nel 2011? Io avrei più fiducia in un Berlusconi che sceglie di tuffarsi anima e corpo nella rigenerazione di Forza Italia. Lo ha scritto anche l’Elefantino. Io non voglio un domani in cui un Berlusconi svuotato e poco ascoltato non incida sul futuro del centrodestra. Io voglio un centrodestra disegnato innanzitutto da Berlusconi. Come? Partendo dal partito. Dal suo partito. Il più forte in Italia da 12 anni. Cosa manca a Forza Italia oggi? La spinta di giovani appassionati di politica. Costruire un partito con pezzi da novanta della società è stata una scelta vincente, oltre che obbligata nel ’94. Ma oggi dopo dodici anni può il primo partito rinunciare ad allevare i propri leader? Eppure, come ha scritto
Krillix, intorno vediamo solo le solite facce da manifesto, in giacca e cravatta, che circondano il potente di turno, alternandosi su palchi e palchetti. Chi in questi anni si è avvicinato a Forza Italia illudendosi di trovare la forza e la semplicità di Berlusconi ripetute nelle sezioni di partito, ha scoperto grigiore, silenzi, e-mail mai consultate, e qualche sagoma perfetta per piazzare aspirapolveri. Ma i sorrisi smaglianti non possono coprire il vuoto di idee e di passione. Allora un Cavaliere che riprende saldamente le redini di Forza Italia non è un ripiego. È una scelta obbligata. I quadri del partito mancano di quelle stesse qualità “giovani” che hanno permesso a Silvio di stracciare i 7 punti di vantaggio che l’Unione aveva nel novembre del 2005. Entusiasmo e capacità di coinvolgere. Silvio deve far sì che il suo modo di far politica entri nel dna di Forza Italia e prevalga su tutte le correnti. Perchè il solo modo per assicurare un futuro all'elettorato di centrodestra è dargli come identità il suo stile, sfacciato, ambizioso, riformatore e rivoluzionario.

Update. Da orticaria quanto scrive oggi Sandro Bondi sul Giornale. Questo pessimo abate della chiesa comunista tra gli artefici del vuoto di Forza Italia ora ha anche il coraggio di rivendicare di aver aperto il dibattito all'interno del partito. Ma che idea brillante sandrino! Aspettiamo con ansia il tuo sermone dal palchetto di Gubbio, sicuramente ricco di scenari apocalittici da cui solo tu potrai salvarci. Ed io potrò tornare ad astenermi.

05 settembre 2006

Serra vittima della retorica femminista


Ma cos'ha detto di così scandaloso Achille Serra? Che non è prudente per una donna andare in giro per strada di notte da sola. Una verità talmente scontata che ogni buon padre raccomanda alla propria figlia. Mi spiegate perché ciò equivalga a dire che gli stupri sono colpa dell’avventatezza? Serra è un poliziotto vero per fortuna, non un politico. Il suo compito è proteggere il cittadino e un buon consiglio rientra di certo nelle sue competenze.

04 settembre 2006

Compagni contrordine: Prodi si riscopre “europeista adulto”


Diverte ammirare oggi l’asprezza di Romano Prodi nei confronti di Bruxelles. Diverte perché dell’intangibilità di quell’istituzione il presidente del Consiglio è sempre stato il più convinto profeta in Italia. Ogni volta che il governo Berlusconi discuteva – non litigava – con la Commissione, il professore si lanciava nei suoi saccenti richiami al rispetto degli impegni di Maastricht. Solo fino a qualche mese fa per il pensiero unionista era vietato obiettare qualsiasi cosa ai dettami di Bruxelles. Se lo facevi eri antieuropeista, come se l’europeismo comprendesse l’infallibilità della Commissione, come se le direttive dell’Ue scaturissero da una sapienza infusa dall’Alto, impossibile da mettere in discussione.
Oggi il professore, con i vari Ferrero e Cento alle calcagna, riscopre la capacità di criticare Bruxelles. Ma diventato finalmente “europeista adulto”, piuttosto che irritarsi per le bacchettate di Almunia e Trichet, Prodi dovrebbe argomentare in modo serio le accuse di parzialità dell’arbitro Europa.
La linea morbida attuata qualche anno fa a favore di Francia e Germania non era dettata infatti da favoritismi ingiustificati, tantomeno era diretta - come Franco Bruni fantasticava venerdì sulla
Stampa - a coprire future inadempienze dell’Italia. Il superamento della rigidità di M
aastricht fu in realtà uno dei risultati più brillanti della politica estera di Silvio Berlusconi che capì quanto certi vincoli stavano bloccando il rilancio dell’Europa, impossibile da attuare senza un allentamento dei vincoli di spesa e quindi di investimento dei due principali motori propulsori, l’industria francese e tedesca appunto. O l’economista Bruni conosce qualche alchimia con la quale far ripartire un’economia senza investimenti? Il maggior rigore verso il deficit italiano del resto è datato e non deriva certo da simpatie o antipatie verso l’inquilino di Palazzo Chigi di turno ma è figlio dell’enormità del nostro deficit di gran lunga superiore a quello di francese e tedeschi.

Ma c’è una verità ancora più scomoda che Prodi e i suoi non possono ammettere: la bontà della politica economica portata avanti dal centrodestra negli ultimi anni.
Lo scorso marzo, in occasione della ricognizione trimestrale sul patto di stabilità, lo stesso Almunia da un lato avviava la procedura d’infrazione per deficit eccessivo nei confronti del governo di Berlino che, per far fronte alla crisi occupazionale (10 milioni di disoccupati tedeschi!), era stato costretto a varare una legge finanziaria troppo assistenzialista. Dall’altro il commissario agli Affari economici manifestava invece apprezzamento per le riforme strutturali che l’ultima finanziaria di Giulio Tremonti aveva introdotto e che, secondo Bruxelles, ci consentirebbero di rispettare il Patto nel 2009. Il maggior gettito fiscale, di cui tanto si discute e che permetterebbe una riduzione della prossima manovra di cinque miliardi, sta lì a dimostrare in modo incontrovertibile quanto quel giudizio positivo fosse ben ponderato. Anche prima dell’estate, col nuovo governo insediato, mentre Tps già strepitava paventando uno stato disastroso dei conti pubblici, paragonabile a quello del ’92, Almunia continuava a ribadire che per l’Italia non era necessaria una manovra bis ma sarebbe stato sufficiente applicare le misure di contenimento strutturali previste dalla Tremonti. Insomma l’isterismo contabile non è a Bruxelles semmai nel governo Prodi. Andate a rileggere i severi editoriali di Tps sul risanamento del nostro deficit. Il nostro ministro dell’Economia sta finalmente imparando a sue spese (leggi Giavazzi) quanto sia facile pontificare da analista e quanto sia molto più complicato decidere da politico. I dissidi che emergono in questo giorni all’interno della maggioranza sull’elaborazione della finanziaria sono figli d’altronde di quella stessa opposizione contraddittoria e insensata che il centrosinistra conduceva fino a qualche mese fa. Da un lato i soloni dell’economia lamentavano il ritardo del Paese nel risanamento dei conti pubblici, dall’altro i radicalsinistri criticavano ogni misura di contenimento della spesa. Tutti poi disconoscevano qualsiasi effetto positivo alla politica economica del governo andando così già allora contro quanto Istat e Bruxelles certificavano. Sull’onda di questa strategia d’opposizione il centrosinistra sposò già allora la tattica del NO. No al tetto sull’aumento della spesa, no al patto di stabilità interno, no alla riforma previdenziale, no a quella del lavoro.Eppure oggi la sinistra moderata riscopre che in fondo non è poi così urgente cambiare la legge Biagi, che la riforma del lavoro andrebbe resa ancora più rigorosa, che le regioni con deficit nella sanità dovranno rientrare con l’addizionale Irpef prevista da Tremonti e finanche lo stesso ticket sanitario, di storaciana memoria, non rappresenta più un bestemmia sociale. Ma come spiegare tutto questo alla sinistra radicale, alla politica del No? In realtà la suscettibilità del centrosinistra per i richiami di Bce e Commissione non è assolutamente giustificata. Almunia, come un buon vigile, continua su una posizione lineare e coerente: l’Italia è sulla via del risanamento ma occorre proseguire su quella strada. Occorre cioè, per quanto costi ammetterlo, proseguire sulla via intrapresa dal precedente governo.