Oggi il Corrierone di Mieli, che punta sempre più a prendere nel cuore della Cdl il posto di Repubblica, si scatena nel proporre uno scenario catastrofico per la nostra economia, imputabile ovviamente alle scelte mancate o sbagliate del governo. La tecnica ormai è la stessa. Si parte da un dato, un’analisi a volte fondata a volte molto aleatoria, e intorno s’imbastisce un attacco frontale contro l’esecutivo di Silvio Berlusconi. Oggi Via Solferino ha pensato bene di approfittare della revisione del trend di crescita da parte di Bruxelles resa nota nella giornata di ieri dal commissario Almunia. Il dato che cosa dice? L’Ue cresce più di quanto si prospettava in autunno ma questo non vale per l’Italia che evidentemente per altri fattori vede il suo trend, comunque in crescita, ribassato dall’1,5% all’1,3. La revisione del nostro tasso di crescita certamente non è positiva ma la nuova proiezione è davvero così nera? I critici del governo notano che essa non riguarda gli altri grandi stati europei ma in realtà questa è una visione parziale dell’andamento delle economia del continente. Ormai dovrebbe essere assodato che l’Italia ha pagato più degli altri soci del club Ue la congiuntura negativi di questi anni. Lo stesso Piero Fassino ieri nel salotto di Vespa ha riconosciuto per la prima volta come le nostre difficoltà derivino dalla struttura della nostra imprenditoria e non dal governo che comunque per il segretario della Quercia sarebbe ovviamente responsabile per l’inerzia nella politica dell’innovazione. Insomma in Europa la nostra economia e quella tedesca in cui è trainante la produzione industriale hanno accusato maggiormente la concorrenza, spesso sleale non dimentichiamolo, dell’India e della Cina. L’Italia, anche questo ormai dovrebbe essere chiaro, avendo una forte presenza di industria a bassa e media tecnologia è stata letteralmente travolta dal ciclone asiatico. È colpa del governo? È colpa di Berlusconi se le nostre scarpe e le nostre pelli non sono manufatti high-tech? Cosa avrebbe dovuto fare il governo? Proporre i microchip per le scarpe col climatizzatore incorporato? Non è tutto. A sostegno della tesi catastrofista e ipercritica contro il centrodestra il Corrierone ci propina la scadente analisi sulla competitività del Wef, intitolata “Classifica globale della competitività”, quella per intenderci che ci pone al livello del Botswana. Ma è affidabile questo studio? Sapete chi ha condotto l’analisi in Italia? I ragazzi della Bocconi. Sapete di che tipo di rivelazione si tratta? Perlopiù soft-data, ossia la percezione degli imprenditori italiani sull’andamento della nostra economia. Capite si fa passare per analisi obiettiva un’inchiesta sulle impressioni dei manager italiani della competitività del nostro paese rispetto agli altri. Immaginate qual è l’attendibilità di simili interviste ai manager cinesi per esempio. La domanda è: visto che si parte dal rapporto sulla crescita preparato dalla Commissione Ue perché non prendere una delle numerose analisi dell’Eurostat? Forse perché queste indicano che il trend dell’Italia in materia d’innovazione cresce più della Svezia? Ancora un obiezione. Al Corriere qualcuno si sarà preso la briga di andare a leggere il comunicato di Joaquín Almunia che accompagna i dati sfornati ieri? Sembrerebbe di no, visto che sul quotidiano non si accenna ad una dichiarazione specifica contenuta nell’analisi sul nostro paese che già anticipa come nonostante le nuove previsioni la manovra correttiva dello scorso dicembre dovrebbe riuscire a garantire la stabilità evitando che per il 2009 il rapporto deficit/PIL sfondi il tetto del 3%. Sempre nel comunicato di ieri inoltre la commissione di Almunia riconosceva come tra le cause della minore prospettiva di crescita italiana vi sono gli aumenti previsti per il 2006 sul greggio, fattore che per ovvie ragioni – leggi nucleare – pesa sull’Italia più che sugli altri paesi europei e che di cui non si può parlare dal momento che non è imputabile al governo. A conferma di ciò è arrivata questa mattina la nota di Bruxelles sulla situazione specifica dell’Italia:
Il programma di stabilità si basa su uno scenario macroeconomico plausibile, che prevede una crescita del PIL nel 2006 e nel 2007 in linea con le previsioni dei servizi della Commissione dello scorso novembre. La leggera revisione al ribasso della crescita del PIL dell’Italia per il 2006 contenuta nelle previsioni intermedie pubblicate ieri (dall’1,5% all’1,3%) non modifica significativamente la valutazione del programma.
Gli obiettivi di bilancio del programma, se raggiunti, garantirebbero un margine di sicurezza sufficiente per prevenire sfondamenti del valore di riferimento del 3% del PIL a partire dal 2009. Tuttavia l’obiettivo di medio termine non sarà raggiunto entro la fine del periodo oggetto del programma, né per tale obiettivo viene indicata un’altra scadenza.
22 febbraio 2006
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1 commento:
E perchè, invece, tacere dei risultati della borsa Italiana con lo S&P MIB che ha superato quota 38000 ?
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