“Nessun partito politico italiano, nella prossima legislatura, potrà illudersi di fare totalmente conto sui rappresentanti degli italiani all’estero, anche quando sono stati eletti su una lista che porta il suo nome”. Così Sergio Romano concludeva dalle colonne del Corriere della Sera del 31 marzo la sua disamina sulla novità del voto degli italiani all’estero, manifestando tutte le sue preoccupazioni per l’eccessiva apertura della Legge Tremaglia. Prima di altri Romano intuiva lo stravolgimento che avrebbe portato questa novità del sistema elettorale rispetto alla configurazione del nostro Parlamento. L’obiettivo dei parlamentari eletti all’estero, scriveva infatti l’ambasciatore, sarà “non la soluzione dei problemi della madrepatria, ma la soddisfazione delle esigenze dei suoi elettori”. Il neo-senatore per l’aerea Sud America, Luigi Pallaro, ben prima del voto aveva preannunciato in caso di elezione il suo sostegno alla maggioranza, indipendentemente da quale coalizione avrebbe ricevuto l’incarico di governo.
L’eccesso della riforma Tremaglia è effettivamente stato rappresentato proprio dalla previsione di candidati residenti nelle stesse circoscrizioni estere. Nelle altre grandi democrazie, che pure permettono il voto dei connazionali emigrati, i candidati sono gli stessi per i quali votano i compatrioti rimasti in patria. L’anomalia è tutta qui e non è poco se si considera che secondo la stessa Costituzione il parlamentare dovrebbe rappresentare tutta la nazione. In questo caso invece ci troviamo davanti a candidati che dichiaratamente promuoveranno l’interesse particolare delle comunità al di fuori dei nostri confini, considerando del tutto secondari i problemi della madrepatria.
Ma l’errore più grave in cui il centrodestra è inavvertitamente incorso è stato il modo stesso in cui ha preparato la campagna elettorale nella circoscrizione Estero. Pur correndo per un’elezione col sistema maggioritario – la legge era stata varata prima della riforma elettorale in senso proporzionale – il Polo come nelle circoscrizioni nazionali si è infatti presentato diviso partito per partito. Se nelle ripartizioni Nordamerica e Africa-Asia-Oceania, che hanno eletto ciascuna un senatore, la Cdl avesse per esempio corso con un’unica lista, avrebbe certamente ottenuto entrambi i seggi e a Palazzo Madama il risultato finale si sarebbe rovesciato a suo favore con 158 rappresentanti contro i 156 dell’Unione. Invece nonostante le percentuali dei tre principali partiti di centrodestra presenti in queste aeree - Forza Italia, Lista Tremaglia e Udc - superino in queste aeree il 55% dell’elettorato contro il 38% scarso dell’Unione, i due seggi in questione sono andati al centrosinistra.
C’è infine un ultimo fattore che ha pesato sulla sconfitta del Polo nei collegi extraterritoriali, la stampa estera. In Italia conosciamo bene attraverso quali filtri l’informazione politica giunga negli altri paesi. I primi ad essere sconvolti dal testa a testa sono stati proprio i giornalisti stranieri che da cinque anni si divertivano a denigrare all’estero il governo di Silvio Berlusconi. Se in Italia il premier è riuscito a compensare questa visione distorta della realtà con una massiccia campagna di comunicazione ciò non è stato possibile all’estero. Questa carenza è confermata del resto dal dato sull’affluenza alle urne d’oltremare che, malgrado le aspettative del ministro Tremaglia, si è fermata al 38,8% dando così particolare risalto alla maggiore militanza dell’elettorato di sinistra.
Su Ragionpolitica del 12 aprile
11 aprile 2006
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