04 aprile 2006

Quando L’Espresso epurava Prodi

Dalle Balle Blu di Travaglio al Caimano di Moretti, dal Viva Zapatero della Guzzanti a Quando c’era Silvio di Deaglio sono solo alcune delle decine e decine di titoli di libri e documentari che affollano gli scaffali delle Feltrinelli di tutta Italia per informarci su tutte le “malefatte” del presidente del Consiglio. Tanta passione nell’indottrinarci sul passato oscuro di Silvio Berlusconi non trova tuttavia una minima corrispondenza nei confronti dell’altro aspirante premier Romano Prodi che pure, come ebbe a dire Piero Ostelino, “non è il candido professore di provincia tutto casa, chiesa e bicicletta” che il centrosinistra vorrebbe far credere. Dalle sedute spiritiche sull’affaire Moro agli sperperi delle due presidenze Iri con la sponsorizzazione di Ciriaco De Mita, il professore ha infilzato una serie d’insuccessi che dovrebbero quantomeno spingere a dubitare delle sue qualità manageriali ma su tutto domina il più osservato dei silenzi da parte dei media.

Eppure non è sempre stato così. Nel dicembre del 1993 quando il Pds di Achille Occhetto, forte della fresca vittoria alle comunali, veleggiava sicuro verso Palazzo Chigi, L’Espresso ci regalava un’inchiesta nella quale venivano indicati i lottizzati dc ai vertici delle aziende statali da smobilitare all’indomani della vittoria della sinistra nelle politiche di primavera. Nel titolo la rivista, diretta allora da Claudio Rinaldi, definì questi manager della balena bianca come “Orfani di un boss minore”, che con l’avvento del Pds al potere esecutivo si sarebbero trovati col culo per terra. E chi guidava la nomenclatura targata dc? In cima alla lista la giornalista Paola Pilati poneva proprio Romano Prodi, lo stesso personaggio cui oggi i post-comunisti offrono le proprie insegne per guidare il governo del Paese.
Interessante rileggere l’introduzione alla figura del professore emiliano:

“Ma vediamo chi sono questi orfani di Gava, De Mita, Misasi o Forlani, questi vedovi di Andreotti e Silvio Lega. Cominciamo da quello che è sempre stato per decenni il simbolo dell’infeudamento scudocrociato nell’economia, l’Iri. Romano Prodi, presidente per la seconda volta dell’istituto di Via Veneto, è un tecnico-politico, vale a dire che la sua figura professionale è sempre stata rafforzata dalla sua militanza nell’ala sinistra della Dc: deve infatti la sua prima nomina, alla metà degli anni Ottanta, a Ciriaco De Mita, allora segretario del partito e ora a un dc super partes (!!!) come Oscar Luigi Scalfaro. Il fatto di avere questa sponda istituzionale potrebbe garantire oggi, la solidità della sua poltrona. E questo mantello protettivo Prodi lo potrebbe stendere anche ad alcuni degli uomini del suo impero[…]D’altronde una parte della sua grandezza la Democrazia Cristiana la deve alla capacità di occupare tutti gli spazi possibili…Era solo qualche settimana fa. La vecchia nomenclatura sembrava destinata a non morire mai. Prima che la balena bianca affondasse…”

Tredici anni fa la rivista, da sempre laboratorio politico della Quercia, riconosceva insomma Prodi come l’uomo simbolo della lottizzazione democristiana, non quindi un mite accademico ma un burocrate con tanto d’impero di clientele da gestire. Oggi tutta questa verità sembra sepolta ma allora, quando la sinistra era appena insolentita dalle uscite anticomuniste del Cavaliere cui venivano dedicate copertine in fez e camicia nera, il nemico sul cui cadavere si doveva danzare era ancora la balena bianca di Romano Prodi.

Le immagini sono linkabili


Da Ragionpolitica del 3 aprile

6 commenti:

valeforn ha detto...

cghissà se le copertine a l'Espresso le riciclano o se riciclano sole quelle sparute idee che si ritrovano.
cmq complimenti per la ricerca. la gente ha memoria corta e si fa bene a ricordare certe cosine.

Massimo ha detto...

Occorre ricordare, perchè molti hanno già dimentica cosa voglia dire prodi: privatizzazioni a prezzi di saldi (per gli amici) e rifiuto delle offerte migliori; acquisti incauti a spese del tesoro pubblico (Telekom Serbia), irap, rivalutazione degli estimi, eurotassa, cinque anni a Bruxelles a remar contro l'Italia ...

Unico appunto al post: prodi non è "bolognese", è di Scandiano, Reggio Emilia.
Da bolognese lo lascio tutto ai reggiani ! ;-)

Federico ha detto...

Grazie Mons. Sapevo che fosse emiliano ma alla storia lui è ormai passato come Balanzone il bolognese. Sorry;)

Anonimo ha detto...

straordinerio post!

Anonimo ha detto...

Vedo che sei tornato a scrivere alla grande!! Bene, bene.
Ciao.

Francesco Cassini ha detto...

Bravo Federico... io questa cosa dell'Espresso l'avevo vista già un'altra volta, ma rivederla mi fa sempre senso.

Cmq un solo commento... FANNO SCHIFOOOOOOO!!

Ciao