Mercoledì in Senato è andato in scena il primo atto di quella commedia che il centrosinistra si prepara ad offrirci per i prossimi mesi. Alla presidenza della commissione Difesa di Palazzo Madama l’Unione pur avendo lo stesso numero di componenti della Cdl, 12 a 12, sfruttando la regola dell’anzianità puntava sulla nomina della senatrice di Rifondazione Lidia Menapace, 82 primavere di pacifismo mistico e sfrenato sulle spalle. A spuntarla invece come si sa è stato il senatore dell’Italia dei Valori, Sergio De Gregorio che a sorpresa ha avuto il sostegno della Cdl raccogliendo così 13 voti contro gli 11 a favore della Menapace. Il risultato a sorpresa, è bene dirlo subito, è stato innanzitutto frutto dell’ingenuo antimilitarismo della Menapace che fino a mercoledì mattina si è lanciata in tutta una serie di dichiarazioni contro la Nato e le basi in Italia, contro Israele, contro il ricorso alla guerra per qualsiasi ragione, contro finanche le frecce tricolori. Se quindi De Gregorio è stato un abile manovratore di palazzo, è altrettanto vero che la sua argomentazione appare impeccabile: la Menapace era palesemente inadatta a quell’incarico. Ed infatti, al di là delle disapprovazioni d’ufficio provenienti dall’Unione, più che altro in ossequio al presidente della Camera, sono molti nella stessa maggioranza quelli che hanno tirato un sospiro di sollievo alla notizia della combine De Gregorio-Cdl. Lo stesso Riformista ieri in prima pagina esprimeva soddisfazione per la mancata designazione della senatrice di Rifondazione considerata pericolosamente distante dall’approccio più cauto di Massimo D’Alema e Arturo Parisi. Insomma l’episodio di mercoledì non sembra essere dovuto esattamente ad una scheggia impazzita. Certo De Gregorio è un border line - non sono lontani i suoi trascorsi in Forza Italia – ma quanto accaduto è soprattutto figlio di quella divisione profonda che attraversa l’attuale maggioranza su un tema fondamentale come la politica estera. L’asse governativo che va dalla segreteria diessina, Fassino-D’Alema a quella centrista Prodi-Rutelli sa che la sinistra radicale va’ tenuta lontana da certe scelte anche a costo di dare qualche soddisfazione al centrodestra. Ma sarà sempre così facile?
Intanto sul disobbediente De Gregorio sono piovute ieri tutte le accuse più infamanti. Sull’onda del più bieco moralismo il senatore napoletano è oggi additato come un trasformista della politica con frequentazioni poco rassicuranti, da Craxi a Tremaglia, fino a Forza Italia e poi alla Dc di Rotondi. È sempre la solita sinistra, quella che se sbagli non esisti più o più facilmente diventi un nemico da abbattere tirando fuori tutte le vecchie storie che possono infangarti. Il solito doppiopesismo che chiude gli occhi davanti al passato di sangue di Sergio D’Elia e che invece non perde tempo a sputtanare chi sgarra sulla disciplina di coalizione. Da De Gregorio oggi qualcuno a sinistra pretende addirittura le dimissioni perché la libertà del parlamentare è sacra solo quando è funzionale alla causa del partito. Eppure il senatore ribelle è ancora nel centrosinistra e non certo per timore di questi sussulti giacobini. Se davvero dovesse compiere il salto le dimissioni infatti potrebbe essere costretto a darle qualcun altro, visto che il risicato margine della maggioranza al Senato, al netto di senatori a vita e presidente, è appeso a un solo voto. E chi grida all’immoralità il giorno del referendum ricordi che, la riforma costituzionale tanto vituperata, introduce il mandato imperativo per blindare la maggioranza uscita dalle urne anche dai De Gregorio.
08 giugno 2006
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1 commento:
De Gregorio è un benemerito delle Forze Armate. Ci ha salvato dalla menaPACE ! ;-)
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