L’entusiasmo per le primarie sta contagiando fortemente anche la blogsfera di centrodestra. Sull’onda del coinvolgimento democratico si sta perdendo la capacità di analizzare con calma l’opportunità di introdurre questo nuovo meccanismo di partecipazione popolare. Io, che delle primarie non sono un nemico, conservo tuttavia il mio scetticismo e sulle modalità che s’intendono utilizzare e sulla tempistica d’introduzione.
Innanzitutto non è vero che le primarie rappresentano senza alcun dubbio il miglior metodo di scelta del candidato premier neppure sotto il profilo del consenso che il candidato potrebbe raccogliere al momento del voto vero e proprio come insegnano le elezioni americane. Candidati con un programma molto simile possono danneggiarsi a vicenda a vantaggio di un terzo che invece ha un consenso complessivamente inferiore ed un programma molto lontano da entrambi.
La seconda osservazione concerne le molteplici differenze nell’assetto politico tra il nostro Paese e gli Usa, cui chiaramente chi esalta le primarie si ispira. Innanzitutto oltreoceano non esiste una struttura partitica come la nostra che, nel bene e nel male, rimpiazza la funzione svolta dai grandi elettori. Negli Stati Uniti del resto c’è una maggiore personalizzazione della politica che porta al far sparire ogni possibile influenza del candidato sconfitto sul governo, cosa che evidentemente non avverrebbe in Italia dove si cerca con le primarie anche e soprattutto un modo per misurare il diverso peso delle forze di coalizione. Ma c’è ancora un altro aspetto fondamentale. In America il rischio d’inquinamento dell’indicazione delle primarie è molto ridotto dalla partecipazione al voto dei soli iscritti al partito. Le primarie nostrane saranno invece aperte a tutti con la chiara controindicazione di veder gli elettori di una parte sostenere il candidato più debole della coalizione avversaria. Ciò che più mi sembra contraddittorio è però cercare nelle primarie uno strumento di legittimazione popolare che si ha già sufficientemente nelle elezioni vere e proprie dove la partecipazione è senz’altro più alta. In Italia l’idea di importare le primarie non è venuta per caso al centrosinistra che presenta una vera e propria anomalia dal momento che il candidato non è il leader del partito più forte della coalizione, Fassino, ma un illustre professore cui i compagni di strada già preparano sgambetti e ricatti di ogni sorta. Le primarie insomma sono per l’Unione una terapia straordinaria per una patologica mancanza di solidità di una leadership che, oltre ad essere discussa dagli stessi partiti, suscita lo scetticismo di gran parte degli elettori di centrosinistra. Il centrodestra non ha alcun bisogno di rincorrere l’opposizione su questa strada. Il meccanismo naturale di scelta del premier nel Polo potrebbe essere anzi validamente istituzionalizzato: vale a dire che il partito maggiore della coalizione vincente alle politiche esprime il presidente del Consiglio. Volendo continuare nei parallelismi, tanto abusati, bisogna considerare infine che negli Usa il premier uscente – ma lo stesso vale per governatori, senatori e rappresentanti in scadenza – non affronta in genere le primarie che rappresenterebbero una sconfessione del suo operato da parte del suo stesso partito. Il punto quindi è per Marco Follini o riconoscere di essere stato un cattivo collaboratore di governo o ammettere candidamente che Berlscuni gli sta sulle palle e che ciò è sufficiente a non volerlo lasciare a Palazzo Chigi.
27 settembre 2005
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
4 commenti:
Beh, a volte il presidente uscente ha degli sfidanti (Nixon nel 1972 fu proprio sfidato da Reagan, Carter da Kennedy).
Personalmente vedo le primarie o la convention, che si terranno dopo quelle sinistre, come uno strumento di visibilità mediatica.
Preferisco la chiusa del tuo precedente post: abbiamo ottime chanches di vittoria
Mons ti ringrazio per i sempre preziosi commenti. Sì è vero il presidente uscente ha avuto a volte degli sfidanti ma come scrivevo "in genere" questo non avviene anche perchè è contropoducente per il partito stesso. La visibilità mediatica è importante ma non credo però ad un ritorno in termini elettorali di qualsiasi tipo di visibilità. Resto scettico sugli effetti che può avere sull'elettorato un Polo che, anzichè impegnarsi a fondo in questo scorcio di fine legislatura nell'azione di governo, si scanna al suo interno per scegliere il capoccia del prossimo esecutivo. Sbaglierò...spero.
E se ... fosse una occasione per il partito unico ?
In fondo gli elettori dei partiti CdL sono molto più omogenei tra loro di quanto non lo siano i vertici ...
questo è il mio augurio:)
Posta un commento