05 aprile 2006

Etica e libertà: lo scontro ideologico del 9 aprile

Felicità contro funzionalità. Il duello Prodi-Berlusconi di lunedì si può riassumere in questa dicotomia. Al di là della capacità comunicativa dei due leader si sono scontrate due ideologie che riflettono due approcci contrapposti alla politica, uno più legato ad una visione messianica dello Stato, l’altro portato a considerare lo Stato nella sua mera funzione di macchina istituzionale a servizio dei cittadini. Lo scontro politico nell’Italia di oggi riscopre le categorie antitetiche dello stato morale contrapposto allo stato liberale e questa sfida è stata percepibile nel diverso linguaggio usato dai due contendenti. Prodi continua a far riferimento ad obiettivi generali, facilmente condivisibili ma poco indicativi dell’azione di governo. Più attenzione alla scuola, più attenzione al Sud, ai giovani, ai lavoratori, alle donne. Berlusconi dal canto suo punta ad una descrizione sempre meticolosa delle modalità con cui ottenere quello che è l’obiettivo scontato di entrambe le coalizioni:  la crescita del Paese. Ma mentre l’Unione continua a proporre una visione religiosa della politica per cui soltanto la loro coalizione punterebbe al “Bene del Paese” – questo il titolo del programma di Prodi – il centrodestra cerca di coinvolgere gli elettori sulle tecniche di governo per favorire il benessere di tutti. La diversità è ancora quella tra un’Italia agganciata alla prima repubblica, ricca di propositi di bontà, e l’Italia berlusconiana che si appassiona alle scelte concrete della politica. Piaccia o meno è questo l’esito della rivoluzione del Caimano. Se oggi abbiamo un dibattito bipolare, se oggi come mai l’Italia si confronta sulle scelte di politica fiscale, tentando addirittura di soppesarle e di valutarne l’applicabilità, questo è soltanto merito di Silvio Berlusconi e della rivoluzione liberale che il suo ingresso ha innescato nella politica italiana.
Il popolo del Caimano non è l’Italia scadente, bigotta e di passaggio, descritta e denigrata in questi giorni da Antonio Padellaro e Eugenio Scalfari, ma  è l’Italia che preferisce confrontarsi sulle decisioni concrete e non sulla morale della felicità, è l’Italia che vede per la prima volta la possibilità concreta di giudicare l’operato di un governo. Per la prima volta l’elettorato italiano ha infatti di fronte una classe politica che si assume la responsabilità delle proprie scelte senza tirarsi indietro dalle problematiche del presente, senza dare l’impressione che finora è andato tutto male o così così e domani col tuo voto si può cambiare.
È la sinistra quindi e non Berlusconi che ha spaccato il Paese. L’ingresso dell’imprenditore milanese ha rivoluzionato il modo di relazionarsi alla politica degli italiani, la sinistra invece, non accettando questo cambiamento, è rimasta arroccata sul suo elettorato di parrocchia ed ha diviso il Paese in buoni e cattivi o stupidi. Chi manifesta oggi fiducia nel suo governo democraticamente eletto è oggetto di ludibrio, quando non di disprezzo da parte degli elettori di sinistra, educati dai loro giornali a considerare la politica del centrodestra, non semplicemente una politica non condivisibile nelle priorità e nelle modalità d’azione, ma una politica di meri interessi e strafottente dei problemi della gente. Ecco allora rispuntare la visione messianica dello Stato sintetizzata alla perfezione dall’affermazione conclusiva dell’appello di Prodi: “noi viviamo bene solo se gli altri vivranno bene”. Questa al di là, degli interessi di bottega di ogni partito, è oggi la discriminante ideologica più evidente. L’Unione vuole imporre agli italiani una visione etica dello Stato che interviene e raccoglie per ridistribuire meglio, per realizzare una società più giusta, più felice. Il Polo offre una visione dello Stato discreto, lo Stato liberale che si affida all’iniziativa dei suoi cittadini e va incontro ai più deboli senza togliere a chi ha di più. Questa differenza è emersa concretamente anche nel duello quando i candidati hanno affrontato il tema delicato delle fasce di reddito più deboli. A Berlusconi che parlava di allargamento della no tax aerea e del quoziente familiare, Prodi ha legittimamente opposto un non meglio specificato aiuto diretto che non potrà non ricadere sulle tasche del ceto medio. Il confronto tra le due italie è tutto qui.
L’Italia promossa dal leader della Cdl, è l’Italia che vuole rimboccarsi le maniche senza piangersi addosso ed allo Stato chiede soltanto di favorire un contesto, una società strutturalmente pronta a favorire l’iniziativa privata. L’Italia di Prodi, è l’Italia che aspetta innanzitutto dallo Stato la redenzione della società e che cerca sempre la spinta di qualcuno, della famiglia, delle istituzioni, delle imprese per realizzare qualcosa.
È questo il motivo per cui l’elettore di sinistra non riesce a distinguere le responsabilità del governo, dalla crisi internazionale. La sua visione ha bisogno sempre e comunque di un capro espiatorio, di un responsabile colpevole di non avergli dato la possibilità di conseguire il successo. Lo scontro quindi non è solo tra forze ma tra visioni politiche, le stesse che da oltre due secoli si confrontano in Europa. Da un lato il liberalismo di John Locke che crede nella priorità della società degli individui sullo Stato strumento di garanzia, dall’altro lo statualismo giacobino che predica la priorità dello Stato, e quindi di uno Stato etico interventista, sugli stessi individui.
Il successo più grande conseguito in questi anni resta la rinascita in Italia di una scuola di pensiero liberale e questo successo, al di là dell’esito delle prossime elezioni politiche, possiamo esser certi continuerà a migliorare il livello di partecipazione del cittadino italiano alla vita del Paese.

5 commenti:

vfiore ha detto...

sono d'accordo su molto. mi consola che se anche la cdl perdesse, questi risultati resterano. ciao - vincenzo

InOpera ha detto...

lo Stato siamo noi!

una forma da messia fa ricordare un desueto "lo stato sono io".

Luis XIV non fece una gran bella fine, soprattutto non lasció molte prospettive di futuro.

L'autodeterminazione dei popoli é un passaggio fondamentale per tutte le democrazie moderne, che ancora non é compiuto del tutto da noi. ricerchiamo leader, ma siamo maggiorenni assai per comprendere e capire senza bisogno di imbonitori.

"quante squallide figure che si azzuffano per niente, come é misera la vita negli abusi di potere" (Battiato F. - Bandiera bianca)

Federico ha detto...

"Cambiano i regni,
le stagioni, i presidenti, le religioni, gli urlettini dei cantanti...
e intanto passa ignaro
il vero senso della vita.
Si cambia amore, idea, umore, per noi che siamo solo di passaggio".(Battiato-Di passaggio).

Anonimo ha detto...

mi chiedo come reagisce un italiano nel pieno delle sue capacità di giudizio -e prima ancora cognitive- alle vergognose gaffe del nostro premier? come alle grossolane bizze dei suoi ministri panciuti? come infine all'assurda propaganda elettorale che sembra voler concludersi come una sciocca promozione di tappeti?
sono indignata, mi sento pervasa da un senso insopportabile di inferiorità nei confronti dei miei coetanei europei.
vedo le mie speranze e il mio futuro alla deriva e pensare che molti aspirino a un'altra legislatura della cdl mi fa venir voglia di fuggire in Uganda..forse lì troverò un senso, una giustiza che euguaglia tutti nella disperazione

Federico ha detto...

Anto mi spiace ma non abbiamo di che vergognarci nei confronti degli altri giovani europei. Il nostro Paese sta macinando bene per colamre il distacco in termini di competitività. Purtroppo i dati diffusi dai principali media sono sempre presentati in ottica negativa ma non è così.